Un no netto, preciso, quello dei dipendenti Alitalia di Milano. Un no che probabilmente riecheggerà anche dopo le consultazioni a Roma e quelle per i dipendenti all'estero. Una presa di posizione ferma e decisa, che non lascia spazio a dubbi: i dipendenti Alitalia hanno sconfessato i sindacati, rifiutando in massa il pre accordo che avevano raggiunto con l'azienda il 14 aprile. Un patto che sembrava l'unica via di fuga da un fallimento annunciato. L'accordo prevedeva la riduzione degli esuberi tra il personale di terra - da 1338 a 980- e la riduzione del taglio degli stipendi del personale di volo dal 30 all'8%.

Il no alle consultazioni costa anche la ricapitalizzazione di quasi 2 miliardi di euro che era stata garantita dagli azionisti di maggioranza - Unicredit, Banca Intesa Sanpaolo e Etihad. A questa si sarebbe aggiunta una garanzia statale da 300 milioni di euro.

Lo spoglio

Lo spoglio dei voti è quasi terminato solamente negli aeroporti milanesi - 936 no contro 192 si totali tra Linate e Malpensa-. Risultati simili per quanto riguarda il personale navigante- 1000 no e 100 si-. Nei seggi romani lo spoglio è iniziato da poco, con 200 persone che attendono ansiose davanti Training Academy Alitalia. A Torino Caselle si è andati controtendenza e il si ha vinto con solo 2 voti di scarto. Anche secondo le previsioni dei sindacati la vittoria del no è scontata.

E adesso?

La volontà espressa dai dipendenti Alitalia ha lasciato tutti sorpresi, segnando di fatto il destino della compagnia di bandiera. L'unica strada che pare paventarsi nel destino di Alitalia è infatti quella del commissariamento con successiva messa in liquidazione. Senza la ricapitalizzazione prevista - legata inevitabilmente alla vittoria del si- non pare esserci altre soluzioni per salvare l'azienda, che attualmente perde più di 2 milioni di euro al giorno.

Doccia fredda

L'esito del referendum segna il tonfo enorme dei sindacati, già festanti dopo il pre-accordo raggiunto il 14 aprire con l'azienda. Un fallimento che li scredita malamente. La vittoria del no è stata una doccia fredda anche per il governo, che spingeva per promuovere la vittoria del si. Le consultazioni hanno invece dato tutt'altro esito, tanto che che Palazzo Chigi è c'è stato già un incontro tra il premier Gentiloni, Graziano Delrio - Ministro delle Infrastrutture-, Carlo Calenda dello Sviluppo economico e quello del Lavoro Giuliano Poletti.