Con il DEF, il Documento di Economia e Finanza appena licenziato dal Governo, si torna a parlare della ormai vecchia questione del rinnovo del contratto. Il DEF, che è un atto economico finanziario molto importante del Governo, secondo solo alla Legge di Bilancio, ha previsto lo stanziamento di altri soldi per il rinnovo del contratto di oltre 3,3 milioni di dipendenti pubblici. La storia è conosciutissima, con questi lavoratori che hanno lo stipendio congelato da oltre 7 anni e sulla quale pende la sentenza della Corte Costituzionale che obbliga il Governo a prevederne lo sblocco.

Vediamo il punto della situazione dopo il DEF e cosa succederà nei prossimi mesi.

Siamo distanti dagli 85 euro dell’accordo

La Consulta ha bocciato il blocco degli scatti di stipendio dei dipendenti statali voluto dalla Fornero. Il Governo Monti infatti, chiese un sacrificio a questa tipologia di lavoratori che a dire il vero, avevano il contratto bloccato già da qualche anno. Dopo oltre 7 anni, i mancati scatti e adeguamenti alla perequazione hanno fatto perdere potere di acquisto alle buste paga dei dipendenti pubblici. Ecco perché, dopo la sentenza, il Governo è stato obbligato a mettere in piedi una piattaforma di discussione con le parti sociali che ha prodotto, dopo un lungo Lavoro, una sorta di accordo a novembre 2016.

In quella data, la proposta del Governo e del Ministro Madia, furono accettate, anche se con riserva, dai sindacati. La base dell’accordo era un aumento medio di 85 euro lordi per lavoratore. Il problema, come sempre in casi del genere, era la copertura finanziaria dell’operazione rinnovo. I soldi stanziati nella Legge di Bilancio in vigore dal 1° gennaio, evidentemente non erano sufficienti a completare il rinnovo secondo le cifre pattuite.

Quegli 85 euro lordi che sembrano pochi a coprire oltre 7 anni di blocco, oltre 7 anni di vacanza contrattuale non pagata, risultano difficili da erogare per via della coperta troppo corta di cui dispone il Governo.

Il DEF

Il Documento di Economia e Finanza ha stanziato per il capitolo contratto statali, altri 2,8 miliardi di euro.

La Madia ha delegato l’ARAN, l’Agenzia per la Contrattazione, a trovare una sintesi con le parti sociali per sbloccare per davvero il contratto. I problemi della PA, investita dalla riforma che la Madia ormai ha portato a termine, con la riduzione dei comparti, le nuove regole sui licenziamenti, la lotta agli assenteisti ed il superamento delle rigide regole dell’ultima riforma Brunetta, ha sicuramente inciso negativamente sui tempi tecnici per il rinnovo. Oggi le scuse sono finite e se non si provvede al necessario adeguamento dei contratti, la colpa è solo delle coperture finanziarie. Ad oggi, i soldi stanziati complessivamente, nei vari atti di Governo, sono sufficienti per erogare aumenti medi di 35 euro circa a lavoratore.

Il Governo calcola in 1.6 miliardi la cifra mancante a completare l’operazione. Tale somma, con tutta probabilità sarà inserita nella prossima manovra di Bilancio di fine 2017. Tra gli altri problemi da risolvere c’è anche il paventato rischio che gli aumenti di stipendio portino oltre 200mila lavoratori a perdere il bonus di 80 euro, il famoso bonus Renzi. Per questi lavoratori sarebbe una autentica beffa quella che per ricevere 85 euro in più dal rinnovo, ne dovranno lasciare 80 di bonus. Il Governo medita una soluzione a questo problema, ma anche questa, probabilmente arriverà con la prossima Legge di Stabilità. Ipotizzare il rinnovo per il 2017 quindi, appare difficile ed intanto gli anni passano e il contratto risulta ancora bloccato.

Secalcolare che non si parla di arretrati o di data di partenza del rinnovo e che l'erogazione dei soldi in più in busta paga sarà diversa a seconda dei lavoratori. Il meccanismo che dal Governo chiamano, della piramide rovesciata, sottintendento come le cifre maggiori finiranno nelle tasche di chi ha subito maggiormente l'impatto della crisi e della perdita di potere di acquisto del proprio salario.