Ieri 11 luglio, nuovo incontro al Ministero del Lavoro tra Governo e parti sociali in tema Pensioni. Argomento centrale la fase 2, per le pensioni future soprattutto dopo l’allarme dell’Ista sulla pensione che schizzerà a 67 anni da 2019. La materia previdenziale, dunque, continua a tenere banco, oltre che per le novità fuoriuscite dall’incontro di ieri, anche per la ferma presa di posizione delle due commissioni lavoro in parlamento, contro gli innalzamenti dovuti all’adeguamento dei requisiti pensionistici, alla speranza di vita. Ecco le novità più importanti di questa particolare fase del mondo previdenziale nostrano.

Soluzioni innovative, ma quali?

Come riporta una nota dell’Ansa l’esecutivo starebbe studiando dei meccanismi che consentirebbero alle donne di avere un canale preferenziale di accesso all’Ape sociale. Questo quanto fuoriuscito dall’ennesimo incontro tra Governo e parti sociali di ieri 11 luglio. L’idea finita sul tavolo della discussione, sarebbe quella di concedere sconti in termini di contributi necessari per la pensione, alle donne che hanno speso anni per la cura e l’assistenza della famiglia, nonché per i periodi di maternità. Dal Governo l’apertura totale a qualsiasi soluzione, anche innovativa, che permetta di ridurre quella che per molti è una disparità di genere, con le donne che vengono penalizzate dalle norme previdenziali, perché destinano gran parte della loro vita a lavori in casa che non permettono loro di raggiungere i montanti contributivi per l’accesso alle varie forme di pensione previste dalle normative vigenti.

Un vero salasso per i giovani

In base agli scenari emersi dai dati statistici Istat, resi noti lo scorso 5 luglio, l’età di accesso alla pensione, senza interventi correttivi, salirà a 67 anni nel 2019. Il motivo è sempre lo stesso, l’adeguamento dei requisiti all’aspettativa di vita, un meccanismo introdotto nell’ordinamento dall’ultimo Governo Berlusconi e poi confermato dalla riforma Fornero.

In proiezione, proseguendo con questo trend, tra una trentina di anni, il tetto salirà a 70 anni. Un vero salasso per i giovani di oggi che già stentano a trovare lavori stabili e che sono vittime di contratti precari che difficilmente li porteranno a raggiungere le alte soglie di contributi necessari per le pensioni anticipate, che oggi si centrano già a 42 anni e 10 mesi.

Anche per quella che una volta si chiamava pensione di anzianità (si centrava con 40 anni di contributi), il meccanismo dell’aspettativa di vita produrrà notevoli aumenti in termini di requisiti. Ecco perché il Governo cerca soluzioni alternative con l’aiuto dei sindacati, con lo studio di una pensione di garanzia o con la detassazione delle pensioni integrative. Tutte soluzioni della cosiddetta fase 2, che vanno nell’indirizzo di evitare il disastro previdenziale che si prevede per i giovani di oggi.

La presa di posizione di Damiano e Sacconi

Il no all’aspettativa di vita, però, fa registrare due importanti prese di posizione, dei due Presidenti delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato. Come riporta l’edizione odierna del quotidiano Il Sole 24 Ore, Damiano e Sacconi, titolari del ruolo rispettivamente per la Camera ed il Senato, in una conferenza stampa, suggeriscono al Governo di bloccare l’attuale meccanismo di adeguamento dell’età per la pensione di vecchiaia o dei contributi per la pensione anticipata, all’aspettativa di vita.

In pratica, i due si fanno promotori di questa azione rivendicata anche dai sindacati. Il tutto, secondo i due, andrebbe fatto con il nuovo pacchetto previdenziale da inserire nella nuova Legge di bilancio di fine anno. Il suggerimento sarebbe quello di allungare il lasso temporale in cui far scattare gli eventuali aumenti, che oggi è fissato in un triennio, mentre i due intendono portarlo a 5 anni.