C'era una volta la laurea...

E prima ancora il diploma. Proprio come i nonni consigliavano ai genitori di conseguire un diploma per cercare il "posto fisso", così ora i genitori consigliano ai figli di laurearsi. La laurea: la magica El Dorado in grado di aprire i cancelli del lavoro retribuito, sicuro, stabile, senza scadenza.

Il mercato del lavoro si è però tristemente evoluto seguendo l'economia globale: termini come "precariato" o "tempo determinato" erano ancora sconosciuti alla generazione passata: spettri che i giovani italiani devono fronteggiare giorno dopo giorno, con qualche incredibile eccezione.

Se si è stati per anni convinti che la laurea sia la chiave per arrivare a una piena indipendenza economica, ci pensa una recente ricerca ISTAT a ribaltare completamente le carte in tavola, cambiando totalmente la percezione del lavoro tra i giovani in Italia.

La ricerca ISTAT: precariato più diffuso tra i laureati

Dopo i nuovi dati sulla disoccupazione, l'Istituto torna a parlare forte e chiaro: almeno per quanto riguarda la prima occupazione, l'incidenza di precari laureati è maggiore dei loro colleghi diplomati. Esaminando i numeri, il presidente ISTAT Giorgio Alleva in audizione alla Camera dei deputati avrebbe rilevato come il lavoro precario nella fascia 15-34 anni (tecnicamente definito "atipico") sia diffuso tra i laureati con un'incidenza del 35,4% mentre si attesterebbe per i diplomati al 21,2%, oltre dieci punti percentuali in meno.

Numeri che fanno riflettere su quanto sia cambiato il mercato del lavoro e quanto forse il fattore dell'età sia divenuto persino più determinante del titolo di studio. Più grave ancora il dato sulla fascia 35-49 anni, fermo a un comunque impressionante 8,9%.

L'interpretazione dei dati

Non occorre tuttavia dimenticare che, come ogni ricerca, anche questi dati necessitano di un'adeguata interpretazione per essere compresi al meglio.

Infatti la ricerca si riferisce al mercato del lavoro nella sua totalità: dal bracciante al medico, dal cameriere all'avvocato. Nonostante non si intenda privare nessun lavoro della propria dignità, è naturale considerare il notevole aumento salariale che può intercorrere tra le categorie di lavoro accessibili ai laureati.

Infine, è utile sottolineare come nella ricerca si ponga l'accento sulla "prima esperienza lavorativa".

In altre parole, non sono fatte distinzioni tra i laureati che rimangono vittime del precariato per anni e quelli che invece, dopo un breve periodo, ottengono il tanto agognato "posto fisso".

Non tutto è perduto, insomma: rimane tuttavia interessante e suggestivo il ribaltamento di visioni proposto dall'ISTAT, confutando l'equazione Laurea uguale Lavoro a tempo indeterminato, certezza tra l'altro già tristemente tramontata da tempo.