Nelle ultime ore la novità principale sul fronte Pensioni è l'Ape donna, così ribattezzata dagli addetti ai lavori, verso cui si starebbe muovendo il Governo e il Partito democratico in vista del nuovo incontro con i sindacati fissato per la prossima settimana, quando sul tavolo di confronto siederanno il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e i leader nazionali di Cgil, Cisl e Uil. Dopo le polemiche scoppiate in questi giorni, oggi vi proponiamo un confronto diretto tra l'Ape per le donne che è allo studio dell'esecutivo e del Pd, e l'Opzione Donna, la misura sperimentale che ha consentito a migliaia di lavoratrici di anticipare l'uscita dal mondo del lavoro con una rinuncia su parte dell'assegno pensionistico.

In pensione con l'Ape donna

La fase 2 della riforma pensioni avrà come tema centrale anche la pensione delle donne. Fin qui siamo tutti d'accordo. Il problema però - per migliaia di lavoratrici - è che molto probabilmente Opzione Donna sarà rottamata dall'avvento dell'Ape donna, una misura modellata sull'Ape social, che ha avuto un successo straordinario nella sua prima fase, con il termine delle domande scaduto lo scorso 15 luglio (senza dimenticare la Quota 41 per i lavoratori precoci). Come funzionerebbe l'Ape donna, stando alle ultime indiscrezioni riportate dai quotidiani nazionali? Il nuovo strumento per mandare in pensione le donne prevede uno sconto di 3 anni contributivi rispetto a quanti ne servono oggi ai lavoratori per accedere all'anticipo pensionistico agevolato.

Ciò significa che anziché 30 o 36 anni (lavori gravosi ndr), alle donne verranno chiesti 27 e 33 anni di contributi per poter andare prima in pensione, fermo restando però che l'età anagrafica minima per richiedere l'anticipo rimane 63 anni. Ed è proprio questo il punto su cui discutono le lavoratrici.

In pensione con Opzione Donna

Il regime sperimentale Opzione Donna, misura introdotta con la legge Maroni (articolo 1, comma 9 della legge 243/04), permette di andare in pensione a 57 anni (58 per le dipendenti autonome) con 35 anni di contributi. Questo fino al 2017, in assenza della proroga al 2018, richiesta a gran voce dal gruppo "Opzione Donna Proroga al 2018", punto di riferimento per la battaglia sulla proroga di OD al prossimo anno, con le amministratrici Vania Barboni e Giulia Molinaro che si sono rese protagoniste di una petizione su change.org che ha raccolto oltre 20.000 firme.

Rispetto all'Ape donna, le lavoratrici andrebbero in pensione 6 anni prima. Una differenza notevole, che fa preferire OD a qualsiasi altra proposta fin qui giunta dal governo. Un'altra differenza risiede nel calcolo della pensione. Le lavoratrici che accedono ad Opzione Donna accettano di vedersi la pensione ricalcolata interamente con il contributivo, fatto questo che incide negativamente sull'importo futuro dell'assegno previdenziale percepito. Nonostante ciò, la maggior parte delle utenti continua a chiedere a gran voce la proroga, vista come unica reale soluzione.

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