Il nodo aspettativa di vita sembra diventato l’argomento principale della discussione politica e non in materia Pensioni. L’adeguamento dell’età per andare in pensione, alla durata media della vita degli italiani certificata dall’Istat sortirà i suoi effetti dal 2019. Nessuna misura previdenziale sarà esente se è vero che anche Ape e quota 41, le due novità previdenziali nate dall’ultima Legge di Bilancio e quasi tutte già in vigore (l’Ape volontaria partirà a settembre), saranno influenzate dal parametro L’età per la pensione di vecchiaia prevista dall’ordinamento oggi è di 66 anni e 7 mesi e dal 2019 saranno necessari 5 mesi in più.

Molti vorrebbero eliminare il vincolo o quanto meno farlo slittare, ma i conti dell’Inps come certificato dal suo Presidente Boeri e poi la ragioneria di Stato, hanno rispedito al mittente qualsiasi proposta abrogativa. L’aspettativa di vita quindi, salvo sorprese e marce indietro, non verrà eliminata. Ma è possibile che un lavoratore italiano debba stare al lavoro fino a 70 anni?

Conti pubblici

Il problema è sempre lo stesso che ha fatto nascere il meccanismo dell’aspettativa di vita applicato alle pensioni, cioè i conti pubblici. Secondo qualcuno, Berlusconi, al cui ultimo Governo va dato atto di aver creato il meccanismo, ha di fatto salvato le pensioni. Infatti, sembra che senza questo meccanismo sia necessario per permettere all’Inps, i cui conti sono sempre a rischio tracollo, di pagare tutte le pensioni che paga.

Boeri è stato chiaro nei suoi interventi sul tema, ribadendo che senza adeguare le pensioni alla stima di vita, l’Istituto da lui diretto, potrebbe non essere più in grado di pagare le pensioni o, nella migliore delle ipotesi, di doverle ridurre. Tesi avallata anche dalla ragioneria di Stato in base alle casse statali. In pratica, anche se, come sembra, i sindacati metteranno l’argomento sul tavolo della discussione prevista nel prossimo incontro con l’esecutivo il 30 agosto, nulla potrà essere fatto.

I lavoratori devono iniziare a fare i conti con l’inasprimento che vuoi o non vuoi, dal 2019 arriverà quasi sicuramente.

CISL sul piede di guerra

I sindacati sicuramente non saranno entusiasti della situazione, con il Governo che ha già fatto capire di non poter intervenire sull’aspettativa di vita. In una intervista al quotidiano “La Repubblica”, il segretario della CISL ribadisce la posizione del suo sindacato, ma che è comune anche agli altri della triplice, cioè UIL e CGIL.

Non tutti i lavori vanno considerati uguali e quindi anche per quanto concerne l’aspettativa di vita è un errore far scattare gli aumenti a macchia d’olio senza considerare le differenti attività o mansioni svolte. Una mossa importante da parte dei sindacati quanto dichiarato dalla Furlan che in pratica, visto il muro del Governo, più che cancellare il meccanismo della stima di vita chiede di ripensarlo. Una proposta che sicuramente verrà fatta alla riapertura degli incontri tra parti sociali e Governo e che mira a tutelare lavori gravosi, usuranti e logoranti. In pratica, tutte quelle attività talmente pesanti che non possono essere svolte fino a 70 anni. Proposta condivisibile perché immaginare un edile sui ponteggi dei cantieri al sole ed al freddo e soprattutto in prossimità dei 70 anni appare improponibile.

La Furlan inoltre ammonisce il Governo a non usare i giovani e le politiche attive sul lavoro e sul rilancio occupazionale come scudo o come scusa per evitare di affrontare e risolvere i problemi previdenziali. Infatti, le parole del Viceministro Morando, sempre a Repubblica, hanno fatto storcere il naso alla Furlan. Il rappresentante del Ministero delle Finanze, parlando del prossimo DEF del 20 settembre ha dichiarato che il Governo mette davanti a tutto il rilancio occupazionale dei giovani, anche davanti alle pensioni. In pratica, fondi cospicui saranno stanziati per il lavoro e per le sue politiche attive, mentre se rimarrà disponibilità si è disposti a risolvere i nodi della previdenza.