Importanti novità sul fronte della pensione anticipata per le donne. Nella giornata di ieri Giuliano Poletti, al termine dell'incontro con i sindacati, ha annunciato la proposta in merito al provvedimento che dovrebbe essere inserito nella Legge di Stabilità per il 2018, attraverso il quale sarà reso più agevole l'ingresso in pensione per le mamme lavoratrici. Si chiamerà Ape donna, come ampiamente previsto quest'estate, dopo le prime indiscrezioni che vi avevamo riportato praticamente in tempo reale. Il sospetto che Opzione Donna andasse in soffitta, dunque, era più che concreto e ieri ne abbiamo avuto un'ulteriore dimostrazione.

La guida all'Ape donna

Dopo la notizia che le donne sarebbero andate in pensione alla stessa età degli uomini a partire dal 2018, ecco arrivare l'annuncio dell'Ape donna, che dovrebbe essere realtà a partire dal prossimo anno. Il provvedimento è modellato sull'attuale Ape, cambiano però i requisiti, dal momento che è una misura pensata appositamente per le donne. Non tutte però, ma solo per le lavoratrici madri. Ciò significa che non tutte possono richiedere l'Ape al femminile. Le lavoratrici che non hanno un figlio dovranno bussare alla porta dell'Ape social, se rientrano nelle categorie previste, oppure nell'Ape volontaria.

Chi può presentare domanda per l'Ape donna? Il ministro del Lavoro Poletti ha spiegato che la misura va incontro a tutte le lavoratrici madri che già rientrano nelle categorie a cui si rivolge l'Ape social.

Tra queste, citiamo le disoccupate, chi assiste invalidi, lavoratrici con disabili a carico oppure chi è impegnato in attività gravose. Tenendo conto dei requisiti dell'Ape social, 63 anni di età anagrafica e 30-36 anni di contributi, ecco che cosa cambia con l'introduzione dell'Ape in versione femminile.

Per le disoccupate gli anni contributivi passerebbero da 30 a 28, mentre per chi è occupato in attività gravose, come ad esempio maestre e infermiere, gli anni scenderebbero da 36 a 34.

In che modo? Dichiarando di essere una lavoratrice madre. Per ciascun figlio, il governo intende concedere un bonus contributivo di 6 mesi. Questo significa, ad esempio, che se la lavoratrice ha partorito due figli, potrà ottenere uno sconto pari ad un anno di contributi. Prendendo come esempio una lavoratrice attualmente disoccupata e con due figli, indipendentemente che siano a suo carico o meno, potrà andare in pensione con 29 anni di contributi, e non i 30 attualmente richiesti.

Allo stesso modo le maestre e le infermiere, che con due figli vedrebbero scendere di un anno il requisito contributivo richiesto, da 36 a 35.

Come spiegato in precedenza, il bonus contributivo massimo è pari a 2 anni, ovvero 4 figli. Se una lavoratrice, per esempio, ha partorito 5 bambini, riceverà come bonus 2 anni e non 2 anni e 6 mesi. I sindacati hanno accolto la proposta del governo come una risposta parziale alle loro richieste. DI tutt'altro avviso le lavoratrici che chiedevano la proroga di Opzione Donna al 2018, che hanno visto - forse - naufragare per sempre le loro speranze di vedere prorogata la misura sperimentale.