La discussione tra Governo e Sindacati sull'aspettativa di vita resta uno dei principali nodi da sciogliere riguardo le misure di flessibilità previdenziale previste in legge di bilancio 2018. La questione al momento appare tutt'altro che in via di risoluzione, con il Governo che da un lato rifiuta interventi generalizzati sul comparto mentre i sindacati si dicono pronti a scendere in piazza ed a mobilitare lavoratori e pensionati. Nel mezzo ci sono circa cinque miliardi di euro da colmare nel caso in cui si scegliesse una sterilizzazione complessiva della misura, mentre per interventi mirati si dovrebbero mettere in conto comunque almeno un paio di miliardi di euro.

Le risorse da mettere a copertura sembrano quindi destinate a fare la differenza, mentre la scadenza sempre più vicina per la discussione della nuova legge di bilancio 2018 rende inevitabile il momento del redde rationem. Per cercare di capire meglio la situazione vediamo quali sono le richieste dei sindacati e quali le proiezioni realizzate dai tecnici del Governo in merito ad un'eventuale sterilizzazione dell'aspettativa di vita.

Pensioni e adeguamento all'AdV: le richieste sindacali

Le parti sociali hanno espresso le proprie richieste in merito all'adeguamento delle date di pensionamento rispetto ai requisiti dell'aspettativa di vita attraverso la pubblicazione di un documento unitario inviato all'attenzione del Governo nel corso della settimana.

Al suo interno "si richiede di bloccare l’adeguamento dei requisiti di accesso alla pensione previsto con decorrenza 1° gennaio 2019" e di "avviare un negoziato per la revisione dell’attuale meccanismo di adeguamento dei requisiti all’aspettativa di vita per quanto concerne la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata e i coefficienti di rivalutazione".

Quest'ultimo punto appare da sottolineare con particolare enfasi, visto che molti non sono consapevoli dell'impatto negativo di un'applicazione dell'AdV sulle future mensilità. Al contempo, "si propone di costituire un gruppo di lavoro, composto dai rappresentanti dei ministeri e degli istituti competenti e da Cgil, Cisl e Uil, al fine di individuare i criteri in grado di poter misurare il diverso impatto delle attività lavorative sulla speranza di vita", conclude il documento.

Dal Governo no ad interventi generalizzati per via dei costi stimati in 5 miliardi di euro

Le argomentazioni del Governo riguardano principalmente la questione delle coperture, visto l'impatto che un eventuale congelamento dell'aspettativa di vita avrebbe sui conti pubblici. Una sospensione temporanea con l'effetto di mantenere in essere gli attuali parametri di quiescenza costerebbe infatti 5 miliardi di euro entro l'anno 2020. Se invece si decidesse di avvallare una sorta di bonus maternità corrispondente ad un anno per ogni figlio a tutte le lavoratrici, l'impatto sarebbe di circa 1 miliardi l'anno entro il 2021, mentre nel prossimo decennio la misura avrebbe un costo di 2,5 miliardi di euro.

Complessivamente, attuare entrambi i provvedimenti potrebbe arrivare a costare più di 4 miliardi di euro l'anno, con un impatto che andrebbe a modificare le previsioni di spesa per il comparto previdenziale.

Riforma pensioni, lavoratori pronti a nuova mobilitazione

Stante la situazione, non è difficile capire il motivo dello stallo attuale. La battaglia per l'aspettativa di vita si gioca soprattutto sui conti, mentre l'esito della discussione al momento appare fortemente incerto. Resta il fatto che i lavoratori in età avanzata arrivano da una serie di manovre correttive che ha già irrigidito i criteri di quiescenza e messo a dura prova la tenuta sociale negli scorsi anni, mentre uno sforamento dei conti pubblici rischierebbe di mettere il Paese in una situazione difficile nei confronti degli organismi e dei partner internazionali.

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