Il Governo sta pensando ad una misura per la rivalutazione delle Pensioni di precari e giovani. L’intento è quello di garantire una rete di sicurezza per chi ha cominciato a versare i contributi a partire dal 1° gennaio 1996 e, quindi, vedrà il proprio assegno previdenziale calcolato con il solo metodo contributivo.

Secondo le prime ipotesi trapelate, questi dovrebbero poter contare su una pensione minima variabile tra i 650 e i 680 euro, con un incremento superiore al 20 cento rispetto agli attuali 537 euro.

La pensione minima per precari e giovani: come dovrebbe funzionare

La garanzia di una pensione minima rivalutata per precari e giovani dovrebbe mitigare gli effetti della riforma Fornero secondo la quale, i lavoratori che hanno cominciato a versare i contributi previdenziali dopo il 1995, andranno in pensione con il metodo contributivo, fortemente penalizzante rispetto ai metodi retributivo e misto attualmente in vigore. La penalizzazione diventa ancor più significativa alla luce della profonda crisi che attraversa il mercato del lavoro, per effetto della quale i giovani cominciano a lavorare sempre più tardi e con la prospettiva di una carriera lavorativa fatta di precarietà e discontinuità.

Secondo queste regole, una larga fetta delle nuove generazioni rischia di andare in pensione con 20 anni di contributi e con l’assegno minimo che, calcolato secondo la normativa in vigore, sarebbe pari a 1,2 volte l’assegno minimo erogato dall’Inps che è di 448 euro al mese. Con la modifica annunciata dal ministro Poletti, si vorrebbe portare la soglia a 1,5 volte l’assegno sociale, in modo da raggiungere una cifra variabile tra 650 e 680 euro che andrebbe a costituire la nuova pensione minima per precari e giovani.

Pensione minima, Ape ed età pensionabile: le critiche del sindacato

L’ipotesi annunciata entra di diritto negli argomenti oggetto del confronto tra Governo e sindacati sulla cosiddetta ‘fase due’ della riforma pensionistica e sulla quale non sono mancati i primi commenti critici da parte dei rappresentanti dei lavoratori.

La misura è ritenuta, infatti, insufficiente a evitare il rischio di creare nuovi poveri insito nei meccanismi della riforma Fornero.

Secondo il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, ad esempio, è anche necessario intervenire, riducendolo, il coefficiente previsto per la richiesta dell’anticipo pensionistico Ape che è di 2,8 volte la pensione minima (in pratica, chi non raggiunge un assegno pari ad almeno 2,8 volte il trattamento minimo, non può chiedere di andare in pensione anticipatamente a 63 anni e 7 mesi).

Altro tema caldo del tavolo di confronto che si riaprirà il prossimo 5 settembre sui temi del lavoro è quello della revisione del meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, sul quale il ministro Poletti si detto disposto a discutere ma solo dopo la diffusione nelle nuove statistiche Istat previste entro il prossimo mese di ottobre.