Ormai appare chiaro che nella prossima Legge di Bilancio, escludendo ritocchi alle pensioni minime, la previdenza italiana, in quanto a requisiti di accesso per le pensioni, non subirà cambiamenti. Pochi i soldi disponibili per avviare un processo riformatore del sistema e troppo alto il rischio di far saltare tutto il sistema operando con interventi molto onerosi per le casse statali. Per buona pace delle lavoratrici che chiedono l’estensione di opzione donna oppure di coloro che chiedono lo stop all’aumento dell’età pensionabile dal 2019, la Legge Fornero resterà in vigore anche l’anno prossimo e senza sostanziali correttivi.

Si continuerà a fare i conti con pensioni che anno dopo anno si allontanano e con l’assoluta impossibilità al cambiamento. Restano attive però anche alcune formule che consentono delle uscite dal lavoro in forma anticipata, quelle relative alle tipologie di attività considerate pesanti.

Lavori usuranti e novità 2018

Dal 3 ottobre in Gazzetta è quindi in vigore un decreto che modifica una delle misure più importanti per quanto riguarda la pensione anticipata legata alla tipologia di lavoro svolta, cioè lo scivolo per lavori usuranti. Il decreto completa l’opera avviata nell’ultima Legge di Stabilità e rende più semplificato l’accesso alla pensione tramite quota 97,6. L’uscita prevista per i lavori usuranti resta a partire dai 61 anni e 7 mesi di età, come previsto nel decreto legislativo n°67 del 2011.

Nello stesso decreto vi è l’elenco dei lavori considerati usuranti o delle tipologie di attività e dei periodi di giornata in cui lavorare, per rientrare tra i lavori notturni, anch’essi considerati alla stregua degli usuranti. In linea generale, tra i più frequenti, autisti di mezzi di trasporto pubblico, operai delle linee a catena, metronotte e fornai.

Necessari 36 anni di contributi per accedere col massimo anticipo, cioè 61 anni e 7 mesi, oppure 35 con 62 anni e 7 mesi. In pratica, va centrata la quota 97,6, considerando utili anche le frazioni di anno. Pertanto, ogni mese di lavori in più, inteso come contributo versato, vale un mese in meno in funzione dei requisiti anagrafici da centrare.

Le novità del decreto del 3 ottobre sono la cancellazione delle finestre mobili ed il blocco del sistema aspettativa di vita. In pratica, la decorrenza della pensione non sarà più posticipata di 12 o 18 mesi, ma scatterà dal primo giorno del mese successivo al raggiungimento della quota 97,6. Per gli aumenti previsti in base all’aumento della vita media degli italiani come dai dati Istat, tutto congelato fino al 2022. L’età anagrafica resterà 61 anni e 7 mesi per i lavoratori privati, mentre per gli autonomi, la quota sale sempre a 98,7. L’attività usurante deve essere stata espletata per la metà della vita lavorativa o in 7 degli ultimi 10 anni di lavoro.

I lavori gravosi con Ape sociale e quota 41

Da non confondere con i lavori usuranti, esistono anche quelli gravosi. Sono 11 categorie previste dalla Legge di Bilancio 2017 tra le quali, maestre di asilo, infermiere delle sale operatorie, camionisti, edili e facchini. Le attività devono essere state svolte in 6 degli ultimi 7 anni di lavoro ed in sede di presentazione delle istanze spetta al lavoratore allegare alla richiesta di certificazione del diritto alla pensione anticipata, la documentazione relativa alla tipologia di lavoro ed alle mansioni svolte. Per Ape sociale, i contributi necessari devono essere 36 e l’uscita prevista parte dai 63 anni. Per quanto concerne quota 41, i lavoratori, oltre ad essere impegnati in una delle 11 attività logoranti, devono essere lavoratori precoci.

In pratica, devono avere almeno un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età, anche non consecutivi ed anche se in un settore o con una mansione differente da quella logorante. I lavori gravosi resteranno con tutta probabilità gli stessi anche nel 2018, sempre che il Governo non riesca a trovare all’ultimo momento risorse tali da allargare le platee dei beneficiari delle due misure, come richiesto dai sindacati.