Dallo scorso anno, cioè con la precedente manovra di Bilancio è nata una certa correlazione tra lo stato di disoccupazione, l’indennità di disoccupazione Inps e Pensioni. Con l’ingresso nel sistema pensionistico di Ape sociale e quota 41, nasce un rapporto particolare tra l’istituto della Naspi, la perdita del lavoro e le due formule di pensione anticipata per soggetti disagiati. Novità che resteranno in vigore anche nel 2018, ma con sostanziali novità che sono fuoriuscite dalla Legge di Bilancio approvata in Consiglio dei Ministri il 16 ottobre.

Queste novità tra l’altro rappresentano insieme allo sconto concesso alle donne in termine di requisiti di accesso in base ai figli avuti, l’unico intervento previdenziale degno di nota della manovra.

Non tutti i disoccupati sono uguali

Ape sociale e quota 41 possono essere definite misure parallele anche se si relazionano rispettivamente alla pensione di vecchiaia ed a quella anticipata. Infatti l’Ape sociale permette di lascare il lavoro a partire dai 63 anni, con 3 anni e 7 mesi di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia. A dire il vero, a differenza della quiescenza di vecchiaia per la quale servono solo 20 anni di contributi per l’Ape sociale ne servono 30 se disoccupati, caregivers o invalidi, mentre 36 per le 11 attività lavorative gravose previste dalla manovra 2017.

Quota 41 invece consente di evitare di arrivare ai canonici 42 anni e 10 mesi necessari per la pensione anticipata, cioè la vecchia pensione di anzianità. Misura destinata sempre ai soggetti disagiati ed alle prese con attività gravose, ma precoci, cioè quelli che hanno uno dei 41 anni di contributi utili all’anticipo, versati prima dei 19 anni di età.

Come detto, misure parallele e assistenziali, destinate a soggetti in difficoltà come i disoccupati ed i senza lavoro. Ai requisiti di accesso prima descritti, le norme previste dal legislatore hanno inserito numerosi paletti che sono serviti al Governo per restringere le eventuali platee di aventi diritto e di risparmiare in termini di spesa pubblica per le due misure.

Per i disoccupati questi paletti sono molti e di fatto rendono questi soggetti diversi gli uni dagli altri di fronte alle due misure. In definitiva, disoccupati di serie A e di serie B, perché di fronte alle norme di accesso ad APE sociale e quota 41, non tutti i disoccupati hanno lo stesso diritto.

Paletti e novità

Un primo extra requisito chiesto ai disoccupati è quello della Naspi. In pratica, per permettere l’accesso alle due misure il disoccupato deve aver terminato di percepire la Naspi, per la sua interezza, da almeno 3 mesi prima di presentare domanda di pensione. I 3 mesi di assenza di Naspi devono essere anche di assenza di attività lavorativa. Una anomalia che ha sollevato molti dubbi relativi alla rigida interpretazione delle norme da parte dell’Inps.

Dubbi che recentemente ha posto anche il Ministero del Lavoro che ha chiesto all’Inps un po’ di flessibilità in questo senso. La Naspi può essere percepita anche se nel frattempo si prestano attività saltuarie e pagate tramite i voucher.

Per l’Ape sociale invece, anche un solo giorno di lavoro pagato con i voucher fa perdere il diritto all’Anticipo Pensionistico anche a disoccupati che hanno centrato gli altri requisiti. Un problema che resta tale perché non vi è traccia di correttivo in questo senso nella Legge di Stabilità, anche se dopo l’intervento del Ministero del Lavoro, nell’iter della manovra ci sono concrete possibilità che venga eliminato. Un altro paletto che però sembra sia stato cancellato dalla manovra finanziaria è quello della tipologia di perdita del lavoro.

Per accedere alle due misure l’Inps accetta come requisiti solo chi è stato licenziato, chi ha perso il lavoro per risoluzione concordata del rapporto (anche a seguito di procedure di licenziamento collettive) e chi ha presentato le dimissioni che poi l’ex Ispettorato del Lavoro ha confermato come date per giusta causa. Per i tanti lavoratori precari, i contrattisti e i lavoratori a termine, fino ad oggi era negato l’accesso alle due misure. La perdita del lavoro per fine contratto non era presa per buona dall’Inps perché l’Istituto non dà per centrato il requisito della perdita di lavoro improvvisa. Anche in questo caso dubbi sull’interpretazione delle norme da parte dell’Inps e dubbi sull’apparato normativo stesso creato dal Governo lo scorso anno. Un problema che ripetiamo, appare superato, essendo l’allargamento del perimetro di applicazione dell’Ape sociale a questi soggetti, un intervento presente nella Legge di Bilancio.