Dopo la pausa che il Governo ha imposto al tavolo della discussione con i sindacati in materia previdenziale e sul lavoro, il Ministro Poletti ha finalmente convocato un nuovo incontro. Era da settembre che i summit non venivano convocati, perché il Governo aveva deciso di attendere prima la nota di aggiornamento del Def, per valutare bene i soldi disponibili in previsione della Legge di Bilancio che potrebbe uscire anch’essa lunedì prossimo. L’avvicinarsi della Legge di Bilancio rende l’incontro ancora più importante del solito, perché potrebbe rappresentare l’ultima occasione per far inserire correttivi al sistema previdenziale che i sindacati da tempo propongono all’Esecutivo.

Molti i temi caldi sul tavolo della discussione, che probabilmente subiranno una accelerata perché con l’approvazione della nuova Legge Elettorale alla Camera ieri sera, si avvicinano anche le nuove elezioni politiche, con lo scioglimento delle Camere e con la nascita del nuovo Esecutivo. I tempi per produrre interventi previdenziali tanto attesi sembrano maturi.

Stima di vita e pensioni

Un primo effetto di questa nuova fase della vita di Governo, con tutti i gruppi parlamentari ed i partiti in proiezione campagna elettorale sembra abbiano sortito un primo effetto. Appare probabile che l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni per via dell’aspettativa di vita, la cui decisione ed il relativo decreto dovevano uscire a settembre, slitterà al 2018.

Che il sistema previdenziale non può permettersi di lasciare i requisiti di accesso alle Pensioni di vecchiaia e anticipata così come sono oggi è un dato certo, come confermato ripetutamente da Inps, Ragioneria di Stato e Bankitalia, assolutamente contrari a qualsiasi blocco dell'amento previsto per l'aspettativa di vita. Portare le pensioni come previsto già dai tempi della riforma Fornero, a 67 anni nel 2019 è più che una probabilità, ma la decisone spetterà al prossimo Governo.

Nessuno infatti vuole prendersi la responsabilità di inimicarsi una parte importante dell’elettorato con un provvedimento tanto antipatico.

Correttivi all’Ape ed a quota 41

I sindacati siederanno al tavolo con uno schema ben definito, frutto del documento unitario inviato al Governo con tutte le richieste di correttivi al sistema pensionistico.

Si parte dalla pensione di garanzia per i giovani di oggi, all’estensione di opzione donna, dalla “chimera” quota 100, all’estensione del perimetro di applicazione di quota 41 e Ape sociale. Proprio su queste due misure le richieste sembrano quelle più facilmente fattibili. Questo alla luce dell’allarme dato da quanti si stanno vedendo respingere le istanze di accesso alle due novità pensionistiche da parte dell’Inps. Le due misure infatti nascono come via di mezzo tra prestazioni assistenziali e previdenziali. Tutte e due sono destinate a soggetti disagiati come i disoccupati, gli invalidi e i caregivers oppure a lavoratori alle prese con attività tanto gravose, da sconsigliarne la permanenza al lavoro in tarda età.

Le norme che accompagnano le due misure sono state da sempre alquanto restrittive e adesso ci si mette anche l’altrettanto restrittiva interpretazione delle stesse da parte dell’Inps. Per molti che pur essendo disoccupati non possono fruire dell’Ape si apre uno spiraglio. Parliamo di quanti non avendo i requisiti di accesso alla Naspi o non avendo presentato in tempo utile la domanda per l’indennizzo di disoccupazione Inps che oggi si vedono respingere le istanze. Lo stesso succederà per altri disoccupati ai quali oggi viene negata la pensione anticipata con le due misure, quelli a cui è scaduto il contratto di lavoro. Le norme restrittive oggi vigenti infatti, concedono Ape sociale e quota 41 solo a disoccupati che sono stati licenziati, che si sono dimessi per giusta causa o che provengono da procedure concordate.

Il correttivo in arrivo potrebbe sistemare questa evidente discriminazione. Anche in senso stretto lo status di disoccupato deve essere allargato perché per l’Inps anche un solo giorno di lavoro pagato con i vecchi voucher potrebbe far perdere il diritto all’Ape sociale perché non si centrano i 3 mesi di assenza reddituale post Naspi. Per le donne dovrebbe arrivare l’intervento che consentirebbe di poter percepire l’Ape sociale o quota 41 con 2 anni di anticipo massimo rispetto agli uomini. SI tratta di uno sconto pari a 6 mesi per ogni figlio avuto. Per l’allargamento delle platee dei lavori da considerare gravosi invece, tutto resterà fermo alle attuali norme. Troppo poco tempo per permettere di ragionare su vasta scala ed inserire nuove categorie alle 11 previste nella scorsa manovra finanziaria.