Ormai appare chiaro, l’unico modo per sistemare la Previdenza Italiana è cancellare con un colpo di spugna la riforma Fornero. Altre strade non ce ne sono e lo dimostrano le misure previste dalla scorsa Legge di Stabilità che sono ancora nell’occhio del ciclone. Le difficoltà finanziarie dello Stato che sono avallate dalle dichiarazioni del presidente Boeri, del Consiglio di Stato e dalla Ragioneria Generale rischiano di spingere il Governo ad interventi tampone, particolari e probabilmente privi del giusto appeal. Siamo alle solite, con la necessità di inserire misure per sedare le innumerevoli richieste del mondo della previdenza che sarà ancora più vessato dalla Legge Fornero nei prossimi anni.

Sedare le polemiche inserendo misure che risolvono poco i tanti problemi previdenziali è diventata prassi. Sembra migliore l’idea di spostare tutto all’anno venturo, con un nuovo Governo e forse risorse maggiori visto che proprio ieri, il Ministro Padoan ha spuntato uno sconto sulla richiesta di flessibilità suoi conti pubblici a Bruxelles.

Presto i risultati di Ape e quota 41

Lo scorso anno, di questi tempi il Governo era alle prese con Ape e quota 41, cioè le due grandi novità da inserire nella Legge di Bilancio 2017. Misure che furono varate tra mille difficoltà, accentuate dalla crisi di Governo post Referendum Costituzionale e dalle dimissioni dell’allora Premier Matteo Renzi. Misure che furono emanate saltando il passaggio degli emendamenti in Senato e che quindi si sono portate dietro le criticità che sarebbero potute essere risolte a Palazzo Madama.

Due misure sperimentali, nate come provvedimenti assistenzialistici e non previdenziali. Per queste novità si attendono i risultati dell’Inps che dovrebbero essere resi pubblici entro il 15 ottobre. Le domande pervenute all’Istituto sono state 66mila ed i soldi disponibili, come stanziati nel pacchetto previdenziale dell’ultima manovra finanziaria (670 milioni), servirebbero a coprire meno di 60mila richieste.

In pratica l’Inps dovrà tirare fuori una specie di graduatoria degli aventi diritto, messi in fila in base alla presentazione delle istanze ed all’età, o meglio alla vicinanza ai 66 anni e 7 mesi previsti per la pensione di vecchiaia. Ipotizzando che tutte le 66mila istanze siano accolte, cioè che a tutti venga confermato il diritto alla pensione, per 6mila soggetti l’erogazione slitterebbe al 2018.

A meno che nella prossima manovra di Bilancio l’attuale Governo non trovi miracolosamente nuove risorse per finanziare una dotazione extra per queste misure. Difficile se non impossibile stando alle ultime notizie provenienti da Palazzo Chigi.

Niente Ape volontario per il 2017

Se Ape sociale e quota 41 sono misure attive, l’Ape volontario deve ancora partire. Un vero paradosso per una misura che doveva essere richiedibile insieme alle altre dal 1° maggio 2017 e per la quale, ancora oggi il decreto attuativo utile alla sua entrata in vigore, non è stato completato. SI tratta della pensione concessa a chi ha compiuto almeno 63 anni con 20 di contributi ed erogata tramite l’ormai famoso finanziamento bancario.

Dal punto di vista tecnico si è detto tutto e tutto si conosce della misura. I problemi probabilmente sono quelli delle convenzioni da stringere con le banche che erogheranno fisicamente i soldi. Infatti dovevano essere gli istituti di credito a stabilire l’ammontare degli interessi da applicare al prestito che l’Inps avrebbe erogato ai beneficiari, sotto forma di pensione. C’era da stabilire anche l’entità delle spese accessorie di questa operazione finanziaria, in primo luogo le spese di assicurazione causa premorienza degli interessati. Una pensione senza tredicesima, non rivalutabile e non reversibile a causa di morte che di fatto indebitava i percettori nei confronti di una banca. Gli accordi con ABI ed ANIA, rispettivamente per banche e Compagnie Assicuratrici sono già state messe a punto e adesso vanno solo limate.

Il decreto però è fermo alla Corte dei Conti e solo dopo il suo via libera, Governo ed Associazioni potranno chiudere la partita. Come riporta l’edizione odierna de “Il Sole24Ore”, il decreto prevedeva la chiusura degli accordi con banche ed assicurazioni entro 30 giorni dalla pubblicazione del DPCR in Gazzetta Ufficiale. Tempi alla mano, l’ipotesi che si riesca a far presentare le prime istanze entro dicembre, appare remota. I nati tra il 1951 ed il 1953 (soggetti a cui è destinata l’Ape), che non rientravano nei requisiti per l’Ape sociale, dovranno attendere l’anno 2018 per iniziare a presentare le domande di Ape volontario, anche se per come nasce, la misura ed il prestito in essa contenuto, lasciano pensare ad un probabile flop.