Adnkronos ha intervistato un dipendente del centro amazon di Castel San Giovanni, nei pressi di Piacenza, che ha spiegato quali sono secondo lui i motivi che hanno portato le sigle sindacali a organizzare uno sciopero nell'atteso giorno del 'Black Friday' invocando aumenti salariali e una differente organizzazione dei turni. La mobilitazione dei lavoratori è stata indetta dalle sigle sindacali Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Ugl terziario. L'identità del lavoratore è stata mantenuta riservata per evitare possibili ripercussioni. Lo chiameremo con il nome fittizio di Tommaso.

I motivi dello sciopero

"Pretendono che facciamo i salti mortali per garantire una buona produttività, e quando abbiamo chiesto il riconoscimento di un premio produzione ci hanno risposto di no" esordisce il lavoratore intervistato da Adnkronos. L'età media dei dipendenti del colosso americano è compresa tra i venticinque ed i trent'anni ed i turni di lavoro sono organizzati a ciclo continuo, ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. A rendere particolarmente dure le condizioni di lavoro secondo Tommaso è il fatto che ciascun dipendente è tenuto a mantenere il cosiddetto "passo Amazon", ovvero la produttività dei lavoratori del reparto dove la merce viene confezionata e spedita non deve scendere sotto i 120 pezzi all'ora.

Ai dipendenti viene chiesto di confezionare due pacchi al minuto, ed il rispetto dei tempi imposti è monitorato grazie ad un computer. "Se ti scolleghi dal sistema per andare in bagno e perdi cinque minuti devi recuperarli, mi sento come se indossassi un braccialetto elettronico" si sfoga il lavoratore.

I dipendenti sono circa 4.000

Nella sede piacentina di Amazon lavorano poco meno di quattromila dipendenti, la metà dei quali godono di un contratto a tempo indeterminato e percepiscono una retribuzione di circa 1.450 euro lordi. L'altra parte dei lavoratori invece è assunta mediante contratti di somministrazione con un'agenzia di lavoro interinale.

Questi ultimi dipendenti sono soprannominati "green badge", e sarebbero i più sfruttati. "Qualcuno si è lamentato, e guarda caso alla scadenza del contratto questo non gli è stato rinnovato" racconta Tommaso, che riferisce di conoscere colleghi costretti ad assumere antidolorifici o sottoporsi a punture per i dolori agli arti e alla schiena, ovvero le parti del corpo più sollecitate da chi lavora al confezionamento dei pacchi.

Condizioni di lavoro talmente dure che - nonostante la crisi - secondo Tommaso l'azienda durerebbe fatica a reclutare personale nel piacentino. "Chi ci ha lavorato non ci torna nemmeno se richiamato, ci sono pullman di lavoratori che arrivano da Varese e Alessandria". La durata media del rapporto di lavoro in azienda sarebbe di circa tre anni, perché quando con il tempo il rendimento di un lavoratore diminuisce viene incentivato ad andarsene.

AI lavoratori vengono pagati corsi per qualificarli e trovare un'altra occupazione, il conseguimento della patente C per fare il camionista oppure corsi da infermiere. "Anziché licenziare ti aiutano a cambiare lavoro" spiega Tommaso.