Un dato certo è che per la stragrande maggioranza dei lavoratori, nei prossimi anni e soprattutto a partire dal 2019, l’età pensionabile salirà. L’aspettativa di vita è in crescita, come conferma l’Istat con i suoi dati statistici ed il Governo presto metterà in atto l’aumento dell’età pensionabile portandola a 67 anni nel 2019. Adesso nei vari incontri Governo-sindacati si ragiona su come detonare questo inasprimento e di ridurlo o annullarlo per determinate categorie di lavoratori, ma si tratta di un intervento ristretto che riguarderà pochi “fortunati”.

Il sistema previdenziale per reggersi in piedi non può non aumentare l’età che consente ai lavoratori di centrare la quiescenza. Per molti lavoratori stanchi e che chiedono di arrivare al meritato riposo, questo è un autentico disastro, anche perché come spesso viene detto, in Italia sono in vigore le regole di pensionamento tra le più dure d’Europa. Ma è davvero così? Un articolo sul noto settimanale “Panorama” prendendo spunto da uno studio della UIL, presenta una analisi della situazione con un confronto con il resto d’Europa e le sorprese sembrano importanti.

Durata della vita e godimento della pensione

Ormai non si fa altro che parlare di questa aspettativa di vita, cioè della vita media degli italiani calcolata dall’Istituto Nazionale di Statistica.

Secondo gli statistici, in Italia la vita media è in aumento costante, se si esclude il 2015 quando si verificò un decremento. Secondo gli ultimi numeri, le donne in Italia campano mediamente 87,2 anni mentre gli uomini si fermano a 83,1. In Europa solo Spagna e Francia hanno numeri migliori dei nostri nell’ordine di 84 anni per i maschi e 88 per le femmine.

Secondo la UIL però gli italiani sono quelli che si godono meno la pensione, cioè che la percepiscono per un numero di anni inferiore. In Francia per esempio la media degli anni di pensione di ciascun francese è di 24 anni e mezzo, mentre per gli iberici si resta in pensione per 19 anni. Calcolando la media europea totale, gli anni di pensione media sarebbero di 18,9.

In Italia la media scende a 16,4 anni ed è proprio questo dato che viene contestato al sistema previdenziale da coloro che vorrebbero requisiti di accesso meno rigidi e meno soggetti ai costanti aumenti degli ultimi anni.

Gli altri numeri

Il settimanale però mette in risalto come lo studio del sindacato capeggiato dal leader Barbagallo si ferma alla sola pensione anagrafica, cioè quella che in Italia si chiama pensione di vecchiaia e che si centra fino a fine 2018 con 66 anni e 7 mesi di età e 20 di contributi versati. Secondo un altro aspetto, quello delle Pensioni di anzianità che permettono l’uscita dal lavoro senza limiti anagrafici e con 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 10 mesi se donne, l’Italia non è poi così messa male.

Infatti globalmente l’età media in cui gli italiani lasciano il lavoro è a 62 anni. Questa media è confermata anche dagli ultimi dati Inps sulla previdenza italiana e deriva dai numerosi scivoli e pensioni anticipate in deroga che ancora oggi vigono, anche se volgono ormai al termine. I numeri sono numeri e questo probabilmente è uno dei motivi per cui il sistema previdenziale deve difendersi allontanando nel tempo le pensioni. I numeri però non sono tutto, perché con il precariato, la disoccupazione e così via, la realtà odierna dice che difficilmente oggi ci sono lavoratori capaci di avere quelle carriere continue che permetterebbero di lasciare il lavoro a prescindere dall’età anagrafica che continua a salire.

Appare evidente che l’età di uscita media nei prossimi anni salirà ben oltre i 62 anni perché soggetti che iniziano a lavorare da giovani e che riescono a raggranellare i quasi 43 anni di contributi necessari per lasciare il lavoro a qualsiasi età diventeranno sempre più rari.