Ormai ci siamo, la Legge di Bilancio, la classica manovra di fine anno o finanziaria, cioè l’atto più importante del Governo, è prossima alla definitiva approvazione. L’iter approvativo è arrivato alla seconda lettura, alla Camera dei Deputati per la valutazione delle ultime proposte correttive tramite gli emendamenti. Dopo l’ok del Senato, che poi è il ramo del Parlamento che rappresenta l’ostacolo più arduo come numeri per la maggioranza, adesso c’è da completare il percorso con la Camera. Altri emendamenti presentati devono essere valutati e dal Governo ci si aspetta l’emendamento relativo all’estensione dell’Ape Social.

Ecco il quadro completo per le Pensioni e tutti gli scenari della previdenza con cui i lavoratori dovranno fare i conti nel 2018.

Misure del 2017 ancora appese

Tutto ciò di cui consta il pacchetto pensioni della Legge di Bilancio non centra nulla con la fase 2 di riforma di cui tanto si è parlato in questo 2017. La pensione di garanzia per i giovani, gli sconti per le donne e quindi la maggior importanza da dare ai lavori di cura, sono argomenti fermi ai summit tra Governo e sindacati di inizio anno. I conti pubblici, i diktat di Bruxelles, la sostenibilità del sistema pensionistico e la clausola di salvaguardia relativa all’aumento dell’Iva hanno bloccato qualsiasi intervento significativo sulle pensioni ed anche qualsiasi progetto di riforma.

Tutto continua a ruotare sulle misure uscite nel 2018, cioè quota 41 ed Ape, tenendo presente che per quest’ultima, la sua versione volontaria la cui partenza era prevista per maggio 2017, ancora non è stata avviata. Anche l’Ape sociale a dire il vero presenta ancora criticità, perché le domande pervenute nel primo giro dello scorso luglio, non hanno ancora prodotto le erogazioni di pensione previste.

Il Presidente dell’Inps Tito Boeri nelle ultime dichiarazioni ha confermato come entro fine anno verranno pagati gli arretrati per i beneficiari dell’Ape social a cui sono state accolte già le istanze.

Le attività gravose

Se lo scenario è quello prima citato, cioè con pochi soldi disponibili e problemi tecnici anche delle vecchie misure, immaginare stravolgimenti del sistema previdenziale con la Legge di Bilancio e gli ultimi emendamenti è esercizio azzardato.

Dal Governo ci sarà probabilmente solo l’emendamento che estenderà l’Ape social alle altre 4 attività gravose appena create. Infatti ad oggi, marittimi, pescatori, agricoli e siderurgici, che sono le 4 tipologie di attività che il Governo ha aggiunto alle 11 della vecchia manovra, hanno ottenuto solo la conferma che per loro come per i precedenti, la pensione di vecchiaia non salirà nel 2019 a 67 anni, così come la pensione anticipata non subirà lo scatto a 43 anni e 2 mesi. L’adeguamento dei requisiti pensionabili all’aspettativa di vita che l’Istat ha confermato in aumento, per questi lavoratori non verrà messa in atto. Essendo i lavori gravosi tra le categorie a cui viene concesso il beneficio di Ape social e quota 41, il Governo adesso è chiamato ad estendere anche alle altre 4 tipologie di lavoratori lo stesso benefit.

Si resta in attesa dell’emendamento anche in considerazione del fatto che dovrebbe presentare anche la riduzione dei requisiti contributivi previsti per i lavori gravosi in relazione all’Ape social. Infatti potrebbero ridursi i contributi necessari per l’Anticipo Pensionistico da 36 a 30 anni. Altra novità che deve ancora essere certificata è la continuità lavorativa in attività logoranti che deve passare da 6 degli ultimi 7 anni a 7 anni degli ultimi 10. Questo in pratica l’unico capitolo di intervento previdenziale che uscirà nella manovra, al quale si può aggiungere solo il blocco dell’aspettativa di vita anche per i lavori usuranti, ai quali questa speciale deroga dovrebbe valere fino al 2026.

Infine, anche se non si può parlare di provvedimento da Legge di Bilancio, per le pensioni in essere pare che da gennaio scatteranno gli aumenti relativi alla perequazione. Dopo due anni di blocco, con le pensioni che non si sono adeguate all’inflazione, nel 2018 gli assegni saliranno tra i 70 ed i 260 euro all’anno a seconda degli importi di pensione percepiti. Sull’argomento però pende anche la restituzione delle somme percepite dai pensionati nel 2015, quando le pensioni furono aumentate per l’inflazione presunta 2016 che poi l’Istat ha certificato come in stallo. La restituzione di quanto percepito in più che il Governo nella Legge di Bilancio 2017 ha posticipato al 2018 e che quindi, quest’anno non potrà essere ulteriormente procrastinata.