La campagna elettorale che porterà un nuovo Governo nelle prossime elezioni di marzo è già entrata nel vivo e tra i vari argomenti su cui si scontrano i nostri politici, ci sono le Pensioni. Non poteva essere altrimenti perché i requisiti di accesso alle pensioni continuano a salire vertiginosamente e qualsiasi promessa di intervento migliorativo in questo senso gode di sicuro appeal nell’elettorato. Molti continuano a puntare il dito contro la famigerata Riforma Fornero che andrebbe cambiata e che spacca il paese in due, tra coloro che ne auspicherebbero la cancellazione e coloro che la reputano necessaria per la stabilità dei conti pubblici.

Resta il fatto che nel 2018 e nel 2019, quanto stabilito dall’allora Governo Monti completerà di sortire gli effetti che per tanti lavoratori rappresentano un incubo.

Donne e problema 1953

La novità 2018 sarà la completa uniformità dell’età pensionabile per le varie categorie di lavoratori e senza distinzioni di genere. Le donne del settore privato, lavoratrici dipendenti che nel biennio 2016-2017 hanno goduto della pensione di vecchiaia a 65 anni e 7 mesi di età, dal 2018 inizieranno a lasciare il lavoro come i colleghi maschi, a 66 anni e 7 mesi. Il preludio a quello che poi accadrà nel 2019, quando per tutti (tranne i lavori gravosi) le pensioni si centreranno a 67 anni di età compiuta. Questo significa che chi è nato nel 1953 risulterà altamente penalizzato.

Una donna nata a gennaio 1953 che con le norme scadute il 31 dicembre 2017, sarebbe andata in pensione ad agosto 2018, come è successo ad una donna nata a gennaio 1952 lo scorso agosto, non solo dovrà attendere agosto 2019, ma per via del nuovo scatto di 5 mesi, andrà in pensione addirittura a gennaio 2020. Un anno e 5 mesi, questa la penalizzazione che di colpo subiranno queste lavoratrici.

Tutte le pensioni si allontanano

Ape sociale o volontaria a 63 anni e quota 41 servono ad addolcire la pillola ma solo per pochi lavoratori. l’Ape sociale e lo scivolo destinato ai precoci sono misure dalla spiccata attitudine assistenziale, cioè più che pensioni sono sussidi o reddito ponte che accompagnano per qualche anno soggetti disagiati alla pensione.

Bisogna essere disoccupati, invalidi o caregivers e tutti di un certo tipo (esistono vincoli e requisiti particolari), o in alternativa, rientrare nelle 15 attività di lavoro gravoso per poter sfruttare queste forme di pensione anticipata. L’Ape volontaria altro non è che un finanziamento bancario che sarà erogato al pensionato dall’Inps come una normale pensione. Il problema è che per aderire bisogna fare i conti con la sottoscrizione di un autentico prestito, perché quanto percepito dovrà essere restituito a rate e per 20 anni dopo aver percepito la vera pensione di vecchiaia.

Evidente che queste non siano misure destinate a consentire alla stragrande maggioranza dei lavoratori di non subire i pesanti inasprimenti in arrivo.

oltre che la pensione di vecchiaia anche quella anticipata subirà lo scatto di 5 mesi per l’aspettativa di vita. Nel 2019 si andrà in pensione di anzianità con 43 anni e 2 mesi di contributi, ma in questo caso per le donne resta un anno in meno rispetto agli uomini. Anche la pensione sociale subisce lo stesso trattamento, con l’innalzamento a 66 anni e 7 mesi già oggi per poi arrivare anch’essa a 67 anni nel 2019.