Era il 1976 quando sono arrivata a Milano, dal profondo Sud. Gli abitanti parlavano un dialetto diverso dal mio, forse anche più complicato, e il clima era quello tipico del nord: nebbia, gelo e neve durante l'inverno, afa e zanzare d'estate.

Noi ragazzi andavamo al cinema, la domenica, oggi tutti sostituiti dai moderni multisala, spesso all'interno di grandissimi centri commerciali. Nei bar si giocava a Biliardino, oppure a biliardo (anche questo scomparso, si gioca online comodamente da casa). D'estate si andava tutti all'idroscalo: lì si ballava, si faceva il bagno senza tante precauzioni in un'acqua ancora limpida, facendoci massacrare dagli insetti.

Eravamo la generazione impegnata politicamente, quella che discuteva per ore e credeva in quel che diceva

Nel 76 per le strade di Milano si vedevano un sacco di giovani, perfino in quelle giornate di pioggia, neve e gelo che ormai non esistono quasi più. Uscivamo di casa, invece di passare ore al computer o su whatsapp. Era sufficiente stare insieme, discutere, convinti che solo a parlarne potevamo cambiare il mondo; e invece, poi non abbiamo fatto niente...

Entravamo in un bar con pochi spiccioli in tasca, sufficienti appena per un caffè o un toast. L'importante era progettare, lottare, trovare soluzioni ai mali del mondo.

Non esistevano locali etnici, il kebab non lo conosceva nessuno e le polpette ce le faceva la mamma, non McDonald's.

L'happy hour sarebbe arrivato più tardi, insieme al sushi. Ogni strada era piena di negozi: panettiere, macellaio, ferramenta, lattaio, droghiere; tutte attività fiorenti che i centri commerciali hanno cancellato. Le trattorie erano toscane, lombarde, pugliesi, siciliane, e le zone antiche piene di botteghe e umanità, ormai quasi completamente scomparsa.

Discutevamo per strada, alle fermate degli autobus, nelle case o nei bar, a stretto contatto fisico, invece che nei social network al riparo di uno schermo. Litigavamo perfino, arrabbiandoci, perfino picchiandoci, ma sviscerando completamente la questione guardandoci negli occhi.

Dov'è finita quella Milano? Com'è possibile che sia tanto cambiata?

La cerco ancora tra le viuzze del centro, tra i residui di quartieri ormai dismessi, tra i molteplici eterni cantieri e gli altissimi grattacieli di acciaio e vetro. La cerco ovunque, anche all'interno di cortili e rigogliosi giardini, nascosti dietro ai portoni di palazzi antichi ricchi di fregi, che raccontano la storia; e a volte, anche se sempre più a fatica, la trovo ancora.