A dispetto della barriera della lingua e nonostante fossero separati da 10.000 km di terra e mare, Maurizio Carraro di Imbarcadero 14 a Venezia e Fujita Koichi di An-Bu Custom Motors a Nagoya in Giappone hanno unito i loro strumenti e la loro arte per re-immaginare questa Moto Guzzi SP3 del 1989. Ribattezzata “Fragore”, un nome che si adatta al terribile frastuono che proviene dai suoi scarichi e dalle sue linee - qualcosa di simile a quanto avviene con la BMW Landspeeder.

Grazie a un social media

Maurizio, che ha portato avanti il suo Imbarcadero 14 negli ultimi 3 anni, è sempre stato ispirato dallo stile giapponese di costruire moto.

Dopo aver discusso di una collaborazione internazionale con il locale produttore di stivali da moto HNBiker, si è concordato di portare il principale uomo di An-Bu, Koichi, con la sua decennale esperienza in moto custom e uno stile inconfondibile. Dopo il contatto iniziale su facebook con Koichi, questo ha gentilmente accettato l’opportunità e HNBiker ha provveduto al volo di 14 ore dal Giappone in Italia - del resto ha sempre avuto un debole per le Ducati.

Senza parole

Nonostante la barriera linguistica, i due costruttori comunicavano tra loro grazie alla passione comune per le motociclette e a una moltitudine di gesti con le mani. Avendo poca esperienza con le moto europee, Koichi ha optato per una configurazione del motore diversa da quella di qualunque moto realizzata in America o in Giappone con cui è solito lavorare, una Guzzi SP3 1000 appunto.

Ispirato dallo stile delle moto enduro anni 80 di Koichi, il progetto avrebbe previsto un nuovo frontale e un nuovo posteriore.

Il Ciclope

Una volta rimosse tutte le carene e le plastiche dalla SP3, il lavoro ha avuto inizio immaginando la nuova moto. Koichi ha disegnato la firma dell’officina An-Bu, il frontale da gara con una singola luce asimmetrica, modificata per essere montata sulla Guzzi.

Koichi ha, inoltre, rifatto il serbatoio, la sella - ispirata al mondo delle gare - e il codone da poggiare sul sottotelaio. Mentre Koichi si occupava della fibra di vetro, Maurizio lavorava il sottotelaio e realizzava gli indicatori a LED per porli sotto il codone aperto e senza fili a vista.

Dettagli

Il serbatoio è stato privato del suo colore originale e scartavetrato in maniera grezza, per essere poi ricoperto da una satina chiara.

Telaio e ruote sono anch’essi stati trattati con un fresco nero di polvere coprente e delle moderne gomme Dunlop montate. Per suono e prestazioni, Maurizio ha rimosso l’air box - sostituendolo con dei filtri - e realizzato a mano uno scarico in acciaio inossidabile con marmitta VIREX. Larga parte delle componenti elettriche, insieme ad una batteria al litio, sono nascoste lungo il codone. La sella è ricoperta in camoscio e sul serbatoio un’imbottitura chiodata per nascondere gli inserti dove alloggiava la sella originale. Per finire un verde metallico satinato preso da un Guzzi Griso. Un capolavoro!