Oggi abbiamo deciso di cedere "la penna" agli amici che vengono chiamati "disabili".

Tranquilli non è un termine offensivo, non diciamolo sottovoce o sotto forma metafora,i disabili sono "orgogliosi" di esserlo, vi sembra strano? Invece è proprio unorgoglio, perché diversamente da quelli che sono "abili", i disabili mettono ingioco, in ogni istante, tutte le loro capacità e risorse mentali, psicologichee fisiche, proprio tutte, potenziandole ed elevandole alla massima potenza.

Andandoin giro per le città, scopri le loro mille barriere, intralci, buche, per lastrada e sui marciapiedi, macchine parcheggiate davanti ai passaggi pedonalicon discesa, che potrebbero facilitare tutti i "carrozzati", da chi usa ilsemplice carrello della spesa, porta una valigia pesante o il passeggino, nonmeno di chi si muove con la sedia a rotelle.

Se non bloccate, a volte talidiscese sono presenti da una sola parte del marciapiede e dall’altra non si sache fine abbiano fatto e quindi non si sa da dove risalire, ritrovandosi così in mezzoalla strada tra gli automobilisti che sfrecciano, e si lamentano di doverrallentare a causa di "un veicolo con le ruote lento e non immatricolato" sullaloro strada.

Eh sì, gli automobilisti credono che la strada sia solo loro. Pernon parlare poi delle vere e proprie "discese libere", discese con pendenzeesagerate, che pure il miglior sciatore si rifiuterebbe di affrontare… Ed imezzi pubblici? Avete mai provato a prenderli o ad arrivare ad una stazionemetro sulle ruote? E al cinema? Musei? Parchi?

Supermercati? Sembra facile, manon lo è.

Approfondendo l'argomento verrebbefuori una lista chilometrica di "cose" che non vanno: barriere per tutti, nonsolo per i dis-abili.

Ma lebarriere più difficili da descrivere e da vedere non sono queste, sono quelledi carattere mentale, spesso diffuse e sancite da leggi o circolari fatte dachi e per chi non si è mai trovato a fare i conti con i propri limiti, conl’oggettiva impossibilità di fare quello che ai "normali" viene naturale e perquesto non riescono proprio a concepirlo, eppure non è difficile; ma chi è il menoabile?

Unabreve esperienza, prima di progettare edifici, percorsi, leggi o circolari andrebbe fatta "mettendosi nelle scarpe di un disabile",proprio per capire che da loro abbiamo un’infinità di cose da imparare … tantaforza da prendere, tanto coraggio e tanta voglia di superare i propri limiti.

Siparla della "autonomia del disabile", ma poi per viverla veramente questepersone devono diventare dei guerrieri con se stessi e con gli altri, armatisolo di pazienza, di sorrisi, di forza di volontà che si scontra spesso con dei "Non posso fare niente", dei "Non dipende da me" detti da coloro che potrebberoprendere misure per facilitare almeno un po’ la vita dei nostri amici, anchesolo con il rimborso per un taxi.

Aiprimi allora auguriamo, forza e coraggio e a noi spetta solo di metterci nelle loro scarpe, nei loropanni, per poi chiederci "Ma chi è il disabile?".

Moltospesso sono proprio persone come noi, siamo noi, che per un capriccio deldestino o un evento straordinario ci troviamo dall’altra parte e non è piùniente come prima. Molto spesso ci troviamo a lavorare con un disabile e saràsicuramente il collega più attivo e generoso, che, solo per arrivare in ufficioha vinto così tante battaglie che noi non riusciremo ad immaginare nemmeno inuna vita.

Stringiamocile mani e combattiamo insieme questo arduo compito che è il mestiere di vivere,di sorridere, di sperare, di affrontare ogni nuovo giorno come uno splendidodono, cerchiamo di essere anche un po’ gli occhi di chi vede meno, la bocca ele orecchie di chi non può sentire, le gambe e le braccia di chi non è velocecome noi, la gioia per chi non sa ancora che la vita è meravigliosa.