Ore 14.16 di un uggioso venerdì milanese. Che sorpresa: c'è Berlusconi a Milanello! Le sue visite sono un piacevole e romantico cliché. Da almeno un ventennio il Presidente atterra in elicottero all'improvviso, tiene il discorso alla squadra, la sprona a fare di più. E' come una presenza leggendaria che si materializza ormai sempre più raramente, appare e poi sparisce. Ma il giorno che lui arriva è sempre la stessa storia, la stessa musica, quella della scossa. No, non può bastare l'opera del pur appassionato Galliani, né tantomeno quella dell''acerba' Barbara.

E' con Berlusconi che il Milan torna, per poche ore, ad essere il club più titolato del Mondo, quello delle sette Champions League, che fu degli olandesi, di Sacchi e di Capello e poi pure di Ancelotti, con Kakà e Shevchenko. In quelle ore torna tutto in testa: Barcellona, Atene uno, Atene due, Manchester. Si guardano foto, si ricordano cose e coppe, successi e protagonisti. Qualcuno è ancora lì, Inzaghi ad esempio, è persino in panchina. Con la sua camicia bianca e la sua cravatta stretta al collo. Con la sua educazione e la sua voglia di lavorare. E poi "Noi siamo il Milan, noi siamo qualcosa di speciale" sembra dire la presenza di Berlusconi.

E' così che si annullano frustrazioni e si ovattano le polemiche.

Anche quelle più recenti. Di un Balotelli che è partito, direzione Liverpool, per venti milioni o poco più. Non c'è più dietrologia, nemmeno campagna elettorale. Del colpo del gennaio 2013 che già va via, un anno e mezzo dopo, se ne parlerà da domani. Sarà sostituito? Non importa, oggi no. Perché quando poi va via Berlusconi, le pareti di Milanello, la sua erba, sono tutto un prezioso concentrato di positività e nuovi propositi.

E' ricresciuta ormai l'erba e con essa è arrivato ormai il tramonto. Il giusto momento della giornata per rimuginare su cosa è successo. Chiaro il messaggio impresso nella testa di staff e calciatori: la storia ci guarda, è con noi, non deludiamola. Siamo il Milan, ce la faremo. Ce l'ha detto oggi il Presidente.