Durante la Festa della Natività di Maria svoltasi a Santa Marta, Papa Francesco coglie l'occasione per lasciare una sua nuova massima. Lapidaria l'affermazione del pontefice: "Dio non è un mago, ma un creatore". Il concetto è chiaro e sicuramente è arrivato a bersaglio. Preservare il libero arbitrio degli individui tutti, oltre al fatto di cercare per l'ennesima volta di risolvere il problema della teodicea. Se infatti l'esistenza di Dio è sempre stata messa in pericolo dalla presenza del male nel mondo (come è possibile che Dio esista se c'è il male, e perché se esiste permette che ci sia il male, Teodicea, appunto), con questa uscita di papa Francesco sembrerebbe essersi dissolta in quattro e quattrotto la problematica.

Ovviamente, le cose sono leggermente più complesse di quel che sembrano. Innanzitutto perché il Dio orologiaio, creatore del mondo (come forse sostiene Bergoglio) non è certo un'invenzione dell'ultima ora. Leibniz, il grande filosofo e matematico tedesco, ha dedicato quasi tutta la sua riflessione a tale questione e formulò appunto l'ipotesi del Dio creatore che poi lascia all'uomo il compito delle proprie scelte, con l'aggiunta però di una visione deterministica dell'universo (secondo Leibniz l'uomo crede di scegliere, in realtà le sue scelte sono meccaniche, programmate cioè dal creatore stesso al momento della "creatio ex nihilo"). Il tentativo di papa Francesco invece rimane a metà strada, da una parte scagiona Dio dalle azioni del divenire, dall'altra però cerca di salvaguardare la libertà umana in contraddizione con il determinismo di Leibniz.

Tornando più indietro, già Plotino aveva espresso il concetto di creazione di Dio, quell'emanazione che poi lascia il mondo a se stesso senza il perenne intervento divino, per il semplice fatto che il divino è esso stesso presente nel mondo materiale che ne è derivato (anima mundi). Forse questo secondo accostamento con il pensiero filosofico appare più vicino alla riflessione di Bergoglio, ma anche qui le confutazioni non mancano.

In che modo è possibile salvaguardare la libertà dell'individuo se essa tutta è emanazione del divino? Quanto l'uomo può dirsi realmente libero se Dio è anche nelle piccole cose? Per piccole cose va inteso ovviamente non solo il micro, ma anche quelle cose che comunemente consideriamo piccole in quanto sporche o immorali. Insomma, se Dio è in tutte le cose, qual è lo spazio dell'uomo e della sua libertà?

Abbozziamo, torniamo con i piedi per terra e riflettiamo in maniera più spicciola sulla frase pronunciata da papa Francesco, Dio non è un mago, ma un creatore. Il pontefice ha più avanti aggiunto, Dio non ha la bacchetta magica. Ma limitare l'azione di Dio alla sola creazione (non in senso leibniziano, né plotiniano, non abbiamo capito in che senso) non significa eliminare di punto in bianco quella che è comunemente chiamata la "divina provvidenza". In poche parole, se Dio non interviene nelle cose del mondo per concedere una grazia o un miracolo, allora a che serve chiedergliele? In sintesi, per il cattolico di oggi, ontologicamente parlando che significato ha il termine preghiera, ora che Bergoglio lo ha denudato di tutte le sue valenze dogmatiche storico-teologiche?