Ricolfi rilancia e dopo la sua proposta sui maxi-job propone un job-Italia per fare occupazione "a costo zero". "L'idea del maxi-job era in sostanza questa: (…) perché non permettere alle imprese che già intendono creare nuova occupazione di crearne ancora di più?". Con il job-Italia si va oltre e così, secondo le stime della fondazione Hume, basate su una indagine sul campo, si potrebbe arrivare a 300.000 nuovi posti di lavoro. Allora perché non si fa? Secondo Ricolfi non si fa perché chi di dovere è troppo condizionato da una "visione statica dei conti pubblici" e legato ad un triste conservatorismo politico-sindacale.

Tuttavia, forse, la proposta di Ricolfi richiede una elasticità mentale che è eccessivo chiedere a quanti si occupano della cosa pubblica in una ottica di potere piuttosto che di funzione. Perciò si potrebbe tentare di andare ancora oltre: attivando la responsabilità dei diretti interessati.

Per i giovani che cercano di entrare nel mondo del lavoro, ma anche per tutti coloro che, a qualunque titolo e per qualsiasi ragione, in ogni momento della loro vita, vorrebbero rientrarci, si potrebbe adottare un semplice metodo, del resto già in atto da anni, legato al rapporto tempi di vita/tempi di lavoro e basato sul sistema previdenziale: il metodo del riscatto. Infatti, ormai, tutti hanno ben chiaro che, oltre alle note problematiche sull'art.18 e dintorni, è il costo del lavoro che frena l'occupazione, data l'incidenza della contribuzione previdenziale.

E molti sanno anche che il sistema previdenziale dà la possibilità a chi entra nel mondo del lavoro più tardi, per effetto del tempo degli studi universitari, di recuperare agli effetti previdenziali tale tempo, a sue spese, fino al pensionamento.

Allora basterebbe dare una analoga possibilità a tutti; cosicché, avendo modo di recuperare successivamente la loro base previdenziale, potessero offrirsi sul mercato del lavoro ad un prezzo netto, senza l'incidenza del costo previdenziale.

Di modo che, se non possiamo ammettere che nessuno si sottragga alla previdenza sociale, almeno accettiamo un rinvio nel pagamento. E un'ipotesi come questa, più modesta di quella di Ricolfi, è sicuramente più semplice e più pratica di qualunque altra. Si potrà discutere sulle modalità, sui termini, sulle garanzie, ma l'idea di fondo è che, nella società del ventunesimo secolo, il prezzo del cambiamento non dovrebbe più ricadere su tutti, attraverso la fiscalità, ma potrebbe vedere una partecipazione dei diretti interessati. Enfatizzando si potrebbe parlare di rivoluzione liberale ma, in realtà, non sarebbe altro che un piccolo esercizio di responsabilità.