Venance Konan è un giornalista e scrittore ivoriano nato a Bocanda, Costa d'Avorio, nel 1958. Nel 1993 e nel 2003 è stato dichiarato miglior giornalista d'inchiesta e cronaca e per la riconciliazione. Nel 2012 ha vinto il Gran premio letterario d'Africa. Sostenitore del presidente Alassane Ouattara, dal 2011 dirige Fraternité Matin su cui ha pubblicato il seguente articolo che fa capire meglio l'Africa occidentale e l'epidemia di Ebola. Penna lucida e graffiante, se l'autore fosse stato bianco e avesse scritto questo editoriale per una testata italiana o europea, sarebbe già agli arresti per negro-fobia, incitazione all'odio razziale, fascismo, nazismo, razzismo, e antisemitismo (c'entra poco ma va di moda).

Fortunatamente per lui, sembra che la libertà di stampa in Costa d'Avorio sia rispettata.

"Non è che il nostro continente sia maledetto? Siamo in molti a pensarlo. Lo testimoniano tutti quegli africani che ogni giorno si prendono il rischio di andare ad affogarsi nel Mediterraneo piuttosto che continuare a vivere sulle nostre terre. E, a vedere tutti gli orrori che viviamo di questi tempi, le nostre guerre, i nostri musulmani pazzi furiosi, e adesso il virus della febbre emorragica, si potrebbe essere tentati di credere che tutti coloro che pensano ad una maledizione non abbiano poi tutti i torti.

L'ultimo flagello a colpirci si chiama Ebola e, come la peste in altri tempi, suscita paura, per non dire il panico.

Che cosa abbiamo fatto di male al buon Dio perché siamo noi i soli ad essere colpiti dalle malattie più strane e complicate da guarire? Diciamo pure che è perché ce la cerchiamo. Quando, nell'anno 2014, si vuol continuare a vivere come nella preistoria con il pretesto che siamo africani, non bisogna poi meravigliarsi se siamo colpiti da malattie preistoriche.

La maggior parte dei malanni che colpiscono noi molto più spesso che gli altri, sono in genere causati dalla cattiva igiene, dall'Ambiente sudicio nel quale viviamo e anche dalla nostra incapacità a comportarci in maniera razionale.

Per anni abbiamo vissuto in mezzo ai rifiuti, qui, in questo Paese. E malgrado gli sforzi fatti dal governo attuale, ci sono ancora dei quartieri e delle città in cui gli abitanti vivono in permanenza in mezzo ai loro rifiuti.

Fatevi un giro a Adjamé, Abobo, Koumassi, Bouaké, etc. e lo constaterete di persona. Andate a vedere in che stato si trovano i nostri macelli. Andate in Liberia, Guinea, Sierra Leone, Nigeria, Mali, Bénin, Togo, ovunque in Africa, e vedrete che dappertutto è la stessa situazione, se non peggio.

È da noi che si vendono in tutta libertà medicine scadute o contraffatte, che un qualsiasi analfabeta può proclamarsi dottore o professore e fare ingurgitare qualsiasi cosa a qualsiasi persona in tutta impunità. Siamo le sole popolazioni refrattarie all'igiene, ad un ambiente sano e pulito. Cosa c'è che non sappiamo dei rischi che ci sono a vivere in mezzo ai rifiuti, alle pozze d'acqua nauseabonda, ai nidi di zanzare, sulle rive di canali dalle acque putride?

Tutti coloro che stanno leggendo questo editoriale lo sanno. Non ci costa niente vivere in un ambiente sano, ma troviamo che costa fatica. Alzarsi un sabato o una domenica mattina per ripulire il proprio quartiere, la propria strada, prosciugare le pozze d'acqua sporca, è troppo faticoso, è chiedere troppo. Per risanare l'ambiente in cui viviamo aspettiamo che lo Stato venga a farlo al nostro posto, pur sapendo bene che non verrà subito, né oggi né domani mattina.