L'altro giorno, 11 febbraio, la trasmissione Rai Uno Mattina ha dato l'ennesima prova della disinformazione e il qualunquismo dei media sui Videogiochi. Il mattiniero programma della tv nazionale (cogliere il sarcasmo di fondo), infatti, ha avuto l'idea di imbastire un dibattito su quella che è una delle saghe più quotate della casa video ludica Rockstar Games, ovvero Grand Theft Auto, in particolare il suo ultimo capitolo Gta V. Instaurando un teatrino di totale ignoranza in materia, Franco Di Mare, presentatore del programma, e l'ospite Dacia Maraini, scrittrice improvvisamente sofisticata intenditrice di games, i due insistono sull'inadeguatezza del titolo con accuse totalmente infondate.

Per far sembrare l'inchiesta ancora più vittoriosa, chiamano allora in causa, tramite collegamento telefonico, Lorenzo Ostuni, meglio conosciuto come Favij, noto youtuber che pubblica video in tema.

E presentato come "genio del web" (mmm ok, a mio avviso esistono persone più competenti), Favij si inceppa sulle risposte, come a parere che non ci sia nulla da controbattere alle tesi unomattiniane, che Gta sia davvero come dice Maraini "un gioco in cui vince chi investe più gente con la macchina". Il ragazzo riesce solo a sputar fuori il giudizio che in fin dei conti questi tipi di giochi "sono divertenti" e a tirare in ballo, ma di corsa e distrattamente, il PEGI, passando in tutto e per tutto la coppa di moralista del giorno a Franco di Mare.

E, ovviamente, scatta subito il collegamento con l'Isis, i cui video vengono posti come alter ego di Gta nell'errata educazione dei ragazzi. Ma per favore.

Ok, Dacia avrà anche ragione sul fatto che, per colpa dei media (ma siete un media anche voi, cari amichetti di Uno mattina) e della pubblicità, la sacralità del corpo è andata perduta, ma accomunare questi a Gta la dice lunga su quanto loro ci abbiano giocato.

Innanzitutto, per dirlo meglio di come ha fatto Favij, il PEGI - ricordiamo che si tratta delle segnalazioni sul contenuto di violenza all'interno dei giochi - è un ottimo modo per tenere informati i genitori, i quali a questo punto potrebbero essere i veri responsabili, su cosa comprano ai figli. Ma qui si tratta soprattutto di rivisitare la concezione di videogioco: al contrario di altre nazioni, in Italia è considerato ancora come impiego dei bambini, quando in realtà è una dignitosissima attività, anche adulta, con enorme potenziale, anche culturale.

Ciò vale anche per Gta, ritenuto dagli intenditori un capolavoro, per la sua realisticità e la sua complessità di azione, ad esempio. E se ci si ha giocato veramente, si capisce che lo scopo non è "investire più gente possibile con la macchina". Certo, è vero che ciò può accadere nel gioco, ma non è forse questo uno stimolo alla responsabilità più che alla violenza? Gta si pone come descrizione denunciante della malavita e della società grezza: un gioco altamente realistico, e ciò implica che riprenda la realtà. Gta è, dunque, critica sociale, e ha un valore molto forte. Per di più, è un gioco che esiste da molto, con diversi capitoli: guarda caso ce ne siamo accorti solo ora che è possibile farne un parallelo (?) con l'Isis.

La realtà è che la tv scalpita quando trova un'altra (presunta) malattia generazionale. E intanto continuiamo a pensare che i videogiochi siano solo per bambini. E intanto l'Italia rimane indietro anni luce, come, per intenderci, il Game Boy Color dalla Playstation 4.