L'iter legislativo della riforma dell'istruzione, conosciuta da tutti col nome la buona Scuola, prosegue superando le critiche che continuano ad arrivare sia da dentro che da fuori le stanze del Parlamento.

Il disegno di legge in questione meriterebbe un approfondimento su tutte le novità che il governo Renzi desidera apportare al sistema educativo italiano; in questa sede, tuttavia, si vuole focalizzare l'attenzione su un punto chiave che non può e non deve, alla luce dell'opinione di chi scrive, passare in secondo piano.

L'elemento a cui si fa riferimento è quello della valutazione delle performance degli insegnanti e, più in generale, della singola scuola, fattore, questo, che risulta di estrema importanza, giacchè rappresenta un parametro fondamentale sotto molteplici aspetti (assegnazione di fondi all'istituto e premi per i dirigenti scolastici, tanto per citarne alcuni).

Risulta necessario premettere che l'idea di tenere in considerazione le prestazioni delle singole scuole non è assolutamente nuova; da molto tempo infatti il ministero dell'istruzione cerca di monitorare queste facendo sostenere agli alunni delle varie classi, una volta all'anno, i celeberrimi test INVALSI, divenuti famosi più per le criticità riscontrate che per loro concreta utilità.

L'esperienza appena menzionata rappresenta un ottimo punto di partenza per poter discutere dei metodi di valutazione attraverso i quali il governo, anche con la buona scuola, desidera pesare il lavoro dei docenti e l'organizzazione dei singoli istituti.

Non ci si può non domandare, infatti, quale sia l'unità di misura utilizzata per valutare l'efficienza di una scuola.

A differenza di un'impresa o di un'industria, dove è possibile comprendere le performance attraverso, ad esempio, il fatturato o la quantità e la qualità dei pezzi prodotti, in una scuola non si possono valutare il percorso formativo intrapreso da un giovane ed il bagaglio culturale acquisito da questi, nel corso degli anni, anche attraverso l'aiuto dei docenti.

Ciò risulta ancora più vero se ci si trova in contesti sociali difficili, dove chi decide di abbracciare l'ideale e la missione dell'insegnamento deve necessariamente confrontarsi con problemi di non facile soluzione, come le questioni familiari dei propri alunni o l'influenza su questi della parte marcia di tali ambienti.

Lascia perplessi, inoltre, anche il desiderio di voler constatare mediante controlli della durata di pochi giorni il "valore" (le virgolette sono necessarie) dell'opera dei docenti sui loro studenti che, nella maggioranza dei casi, è durato anni.

Quanto scritto non implica assolutamente che non debbano esserci controlli sull'operato di dirigenti scolastici e degli insegnanti. Le considerazioni presentate vogliono semplicemente rappresentare un invito a riflettere sulla reale utilità del sistema attraverso cui si giudica (e si giudicherà) il lavoro delle singole scuole.

Non si può prescindere dall'istruzione, giacchè la fortuna delle future generazioni poggia indiscutibilmente anche su questa. Tale constatazione verrà presa seriemanete da chi di dovere? Solo col tempo si potrà avere una risposta.