Pier Carlo Padoan sostiene che "la Consulta non ha valutato il buco creato dalle Pensioni" nel bilancio e i dirompenti effetti sui vincoli europei.

Secondo il Ministro la Corte doveva tenere presente l'impatto sui conti pubblici e auspica che tra Consulta, Avvocatura dello Stato e Governo ci sia in avvenire una maggiore condivisione delle informazioni.

Dalla Consulta le reazioni non si sono fatte attendere. Il presidente Criscuolo ha evidenziato che il Parlamento deve ancora nominare altri due giudici che avrebbero potuto modificare l'esito della sentenza.

Come a dire: chi è causa del suo male pianga se stesso.

Nel merito ha rimarcato che la Consulta non fa valutazioni economiche ma solo di carattere costituzionale e che la norma sul blocco dell'indicizzazione delle pensioni violava il principio di ragionevolezza.

Le reiterate, inconsuete esternazioni evidenziano che la vera protagonista di questo ping pong è l'incomprensione. Il Ministro e i Giudici hanno due linguaggi diversi e nessuno sembra particolarmente interessato a capire il motivo dell'altro. Economisti e giuristi, opinionisti più o meno schierati, maggioranza e opposizioni si fronteggiano. Ciascuno guarda il problema dalla propria angolazione, in modo parziale.

- La necessità di un cambiamento

Certamente i principi costituzionali, che devono essere a base delle decisioni della Consulta, devono tenere conto del grado di benessere della Nazione, delle risorse disponibili. I principi di ragionevolezza, equità, livello di vita dignitoso, di diritto al lavoro e così via non si possono soddisfare in astratto ma devono essere calati nella situazione concreta.

Dall'altra parte, quando si accampano problemi di bilancio, si deve tenere presente che le entrate e le uscite possono variare in rapporto alle scelte.

Quando il Governo ha stanziato gli 80 euro per i lavoratori, non poteva destinare tali risorse ai pensionati, restituendo parte di quanto trattenuto? La Consulta farse ne avrebbe tenuto conto nella sua decisione.

E ancora adesso, per applicare la sentenza, non potrebbe razionalizzare la gestione del sistema pensionistico, abolendo la miriade di Casse? Non potrebbe uniformare tutte le norme di liquidazione delle pensioni, eliminando i residui privilegi?

Non potrebbe intervenire nella gestione dell'Inps e delle tante Casse eliminando i costosi apparati, a estrazione sindacale, come i tanti Comitati centrali e periferici?

Tuttavia la sentenza della Corte pone un problema fondamentale sul ruolo della stessa Corte e sui tempi d'intervento. Gli interventi retroattivi sulle leggi, dopo anni dalla loro emanazione, sono dirompenti. Rischiano di produrre più danni e violazione dei principi costituzionali di quanti ne vogliono evitare e salvaguardare.

La Consulta dovrebbe intervenire sulle leggi entro un determinato tempo o esprimere un parere preventivo sulle norme ad effetto temporaneo.

Le decisioni assunte dopo un tempo predeterminato dovrebbero valere solo per l'avvenire. Nel caso delle pensioni l'incostituzionalità avrebbe dovuto avere effetto solo sulle ricadute del blocco, dal 2016. Ovvero L'INPS avrebbe dovuto ricostituire le pensioni, applicando le rivalutazioni 2012 e 2013 secondo il meccanismo della legge precedente, reincassando gli arretrati fino alla decisione della Corte.

Questo meccanismo avrebbe rispettato la decisione della Corte, sia pure limitandone gli effetti pregressi, non sarebbe stato dirompente sul bilancio, sarebbe stato più equo e vantaggioso per i pensionati rispetto al bonus che elargirà il governo.