Ambientato all'inizio del diciannovesimo secolo, The revenant racconta la fuga di un gruppo di cacciatori di pelle nelle fredde terre desolate del North Dakota. Sfuggiti da un attaco di Indiani, gli uomini tentano di fuggire in un territorio per loro sconosciuto, ma non per Hugh Glass. Accompagnato da suo figlio, l'uomo guida il gruppo di americani verso la base fino a quando non verrà ridotto in fin di vita da un attacco improvviso di un orso grizzly. Non potendo proseguire, Glass viene lasciato indietro, nell'attesa di avere una degna sepoltura da suo figlio e dallo spietatissimo Fitzgrarld.

Dal punto di vista tecnico, The revenant è sicuramente un ottimo prodotto. Ricco di virtuosismi, movimenti di camera coinvolgenti e una fotografia maestrale che riesce a proiettarci in terre spazialmente e temporalmente lontane, riuscendo a farci percepire l'immensità di quelle valli, il freddo pungente ed un silenzio quasi surreale. Un'opera esteticamente meravigliosa firmata Lubezki, che però si scontra con una sceneggiatura totalmente priva di contenuto.

Infatti, narrativamente parlando, il film risultaeccessivamente semplice. Riesce sicuramente a coinvolgere emotivamente lo spettatore, ma in maniera troppo superficiale. Rimaniamo spettatori di una storia oggettiva, narrata senza punti di vista, senza interpretazione, in cui osserviamo un personaggio che soffre, striscia, combatte, uccide, urla, ma non pensa.

Lo stesso vale per gli altripersonaggi caratterizzati il minimo indispensabile, banali archetipi privi di segni distintivi o battute memorabili.

Le immagini dunque scorrono, ci incuriosiscono, ma rimaniamo spettatori non partecipanti. Nonostante una regia che tenga a porre lo spettatore sempre al centro della scena, non c'è l'impressione di "vivere" la storia come succedeva in Birdman.

In questo caso, il racconto èridotto all'osso, e pur con il valore aggiunto dei virtuosismicinematografici ed una fotografia mozzafiato, quel che resta è davvero pocose non un'ennesima "revenge strory".