Il 25 luglio arriva in Aula il disegno di legge per la legalizzazione della cannabis, sostenuto da 220 deputati e 73 senatori di diversi schieramenti. Tuttavia, l'approvazione della legge si annuncia già in salita per la presentazione di 1.700 emendamenti che probabilmente implicheranno lo slittamento del voto a settembre. Come sempre, sul tema le polemiche non mancano, eppure la sensazione è che della cannabis non si parli mai davvero, come se dietro certe imposizioni ideologiche non ci sia niente che abbia a che fare con la serietà che una questione come questa meriterebbe.

Un dibattito oggettivo

Di questa legge non si è discusso abbastanza e bisognerebbe farlo, perché è ancora troppa l'ignoranza sugli effetti di questa sostanza, il cui uso terapeutico è ormai riconosciuto in 9 regioni italiane. Non si può pensare che questa sia semplicemente un'iniziativa per favorire alcune decine di tossici, né tanto meno si può essere contrari solo perché "farsi le canne" è di sinistra, come se fossimo in una canzone di Giorgio Gaber. È arrivato il momento di parlare di questo fenomeno in modo finalmente obiettivo, superando i pregiudizi che esistono dietro questa lotta alla cannabis e analizzando, in modo imparziale, i vantaggi della possibile legalizzazione di questa pianta tanto demonizzata: del resto non è questo che dovrebbe fare un Parlamento?

Guardare in faccia la realtà

La legislazione attuale non evita che il mercato della cannabis esista, perché questo mercato esiste eccome ed è gigantesco, fra 1,5 e 3 milioni di chilogrammi di marijuana all'anno, secondo la Direzione Nazionale Antimafia, per un giro d'affari di circa 12 miliardi di euro. Pensare che il proibizionismo sia stato sufficiente a eliminare questo fenomeno, significa vedere una realtà molto più alterata di quella che può indurre l'assunzione di qualunque quantitativo di THC.

Se si teme che con la legalizzazione ci possa essere una diffusione incontrollata della cannabis, è sufficiente guardarsi intorno: il 32% degli italiani tra i 15 e i 64 anni ne ha fatto uso almeno una volta nella vita, e il 14% nell'ultimo anno (dati EMCDDA). La media dei consumatori in Italia è ben al di sopra di quella europea, e il trend aumenta di anno in anno, a differenza di quanto accade in paesi dove è legale, come l'Olanda.

Combattere o regolamentare?

Legale o non legale, la cannabis in Italia esiste già: allo Stato non resta che scegliere tra cercare di contrastare questa situazione, o piuttosto decidere di controllarla facendo sì che sia la legge ad adattarsi alla realtà e non viceversa. Il rovescio della medaglia di qualsiasi proibizione è ovviamente lo sviluppo di un mercato nero gestito dalla criminalità che ne beneficia economicamente, mentre lo Stato, per la sua battaglia contro i mulini a vento, impiega risorse che potrebbero essere spese in modo più proficuo e riempie le sue carceri già sovraffollate. Non è un caso che perfino il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti,abbia ammesso che "si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva".

Più in generale, andrebbe messa in discussione l'idea per cui la droga debba essere affrontata come un reato invece che come un fenomeno sociale e sanitario, sul modello della decriminalizzazione portoghese. Se la guerra alla cannabis ha prodotto tante vittime e pochi risultati, la sua legalizzazione genererebbe un gettito fiscale stimato tra i 5,5 e gli 8,5 miliardi di euro all'anno, separando tra l'altro il mercato delle droghe leggere da quello delle droghe pesanti, garantendo la qualità della sostanza e tutelando così la salute dei consumatori. Spesso, proprio la questione della salute pubblica è il muro contro cui si scontra ogni proposta di questo tipo: ma come può uno Stato che vende e guadagna su droghe letali come alcol e tabacco riempirsi la bocca di questioni etiche? Se proprio non riusciamo a liberarci di tutte queste ipocrisie quando parliamo di cannabis, cerchiamo perlomeno di essere coerenti.