Ieri sera, negli studi di La7, è andato in onda il confronto tra il presidente del consiglio Matteo Renzi ed il costituzionalista ed ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky,in merito alle diverse posizioni sul #referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.

Rispetto e toni pacati: confronto quasi costruttivo

Il confronto prende il via con Zagrebelsky che tenta subito un affondo, accusando Renzi di averlo definito "parruccone". Attacco debole, oltre che privo di fondamento. Quando si tenta di entrare nel merito della riforma, i toni si fanno leggermente più accesi, sebbene il professor Zagrebelsky non riesca per niente (inaspettatamente, aggiungiamo noi) a mettere in difficoltà, o quantomeno a elevare qualitativamente le ragioni del NO.

Ci si sarebbe aspettati dall'esimio costituzionalista delle critiche reali, effettive e pratiche. Invece è andato in onda il solito spot per screditare il premier, e non vi è ragione peggiore per tentare di affossare questa riforma.

Zagrebelsky vede nella riforma un "rischio di degenerazione per il premierato forte che si prevede con il combinato disposto con la nuova legge elettorale". Matteo Renzi fa giustamente notare come, nella riforma, non vengano minimamente toccati gli articoli della #Costituzione che disciplinano i poteri del primo ministro ( Titolo III,Sezione I, art 92-96 Cost), inoltre, fa notare il presidente del Consiglio, la #riforma Boschi non tocca i "contrappesi", ovvero quelle istituzioni che garantiscono il corretto ed imparziale svolgimento della vita democratica e la corretta applicazione dei precetti costituzionali.

Ma Zagrebelsky vota Sì?

In tutta onestà, quello andato in onda è sembrato uno spot gigante a favore del Sì alla riforma. Perchè? Perchè le ragioni espresse da Zagrebelsky, in teoria favorevole al no, sono sembrate senza verve ed effettivamente inconsistenti.

A partire dalla "svolta oligarchica" prevista dal costituzionalista, cui Renzi risponde piccato: "Secondo me è offensivo per gli Italiani.

Lei, professore, ha firmato un documento in cui si attesta la reale possibilità di una deriva padronale. Mi direbbe gentilmente quale articolo contempla questa ipotesi? La svolta padronale ed autoritaria c'è in quei paesi in cui si incarcerano i magistrati, si imbavagliano i giornalisti e le maestre, non in Italia". Risposta ineccepibile e, come detto, stupisce la pochezza contenutistica delle ragioni del no di Zagrebelsky.

A questo punto, Renzi gioca un pokeristico "all-in", riportando un'intervista del 2013, in cui lo stesso ex presidente della corte costituzionale auspicava una legge elettorale con doppio turno con premio di maggioranza, come #l'Italicum. I capilista bloccati, dice Renzi, "non piacciono neanche a me, ed è una delle cose dell'Italicum che vorrei cambiare". Zagrebelsky non riesce a controbattere, dice di non ricordarsi tutte le interviste che ha rilasciato. Una difesa blandissima.

Il professore riparte all'attacco, paragonando la riforma Boschi a quella di Berlusconi del 2005. "Quella riforma prevedeva un presidenzialismo pericoloso, ed io ho votato NO" ribatte Renzi. "Il premier aveva la possibilità di sciogliere le camere, io al massimo posso sciogliere i lacci delle scarpe.

Professore, ci ricorda cosa votò in occasione di quella riforma?". Tutto tace.

Zagrebelsky afferma che "il pericolo della deriva autoritaria c'è, perchè si crea una dittatura della maggioranza. La minoranza, così, diventa irrilevante per cinque anni. Non è democrazia". Per Zagrebelsky, quindi, un sindaco che vince con doppio turno è anti-democratico.

Renzi ribatte: "63 governi in 70 anni. Inconcepibile. Chi vince deve poter governare". Gioco, partita, incontro.

Le rimostranze di Zagrebelsky sono talmente inconsistenti da far pensare che lui voterà #Sì. Ci dica la verità professore, era tutto uno scherzo?