“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività, mentre adesso hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È una vera e propria invasione, ribadisco, di imbecilli”. Così Umberto Eco, proprio nel giorno in cui è stato proclamato Dottore honoris causa in ‘Comunicazione e Cultura dei media’ all’Università di Torino, ha giudicato il ruolo dei social nell’ informazione moderna. Un fenomeno, quello dei social network, che ha cambiato l’intero modo di concepire l’informazione ed ha creato un vero e proprio ‘popolo’: i cosiddetti webeti, un neologismo coniato dal giornalista Enrico Mentana in risposta ad alcuni utenti che polemizzavano con accanimento sulla questione immigrati e non solo.

Ma chi sono i webeti?

Utenti, profili e persone che dietro ad uno schermo si permettono di sparare a zero su altri utenti, discriminare, offendere o elaborare ipotesi e opinioni assurde. Ma non solo. Abbiamo anche chi mette in giro bufale, catene di Sant’Antonio o notizie false che incitano all’odio verso determinate categorie di persone. Questi post, grazie alla forza dei social network, si diffondono ad una velocità incredibile, intasando le pagine e le bacheche di migliaia di utenti e scatenando reazioni, commenti e condivisioni. Un vero e proprio esercito che diffonde la stupidità e la disinformazione in maniera, appunto, virale.

Il web, e in particolar modo il mondo social, è l’ambiente ideale in cui rafforzare bufale, false speranze e tesi politicamente scorrette.

Lo si evince in mondo chiaro anche da un recente studio del Laboratory of Computational Social Science dell’IMT Alti Studi di Lucca. Una delle autrici, Michela Dal Vicario, lo ha spiegato con esempi concreti. “L’utente medio – spiega la ricercatrice – tende inconsciamente a selezionare e condividere i contenuti sui social network in base ad una narrazione specifica che sente affine alle proprie idee, ignorando completamente la veridicità e le fonti delle notizie”.

I Webeti stanno trovando terreno fertile nei social network proprio perché le interazioni degli altri utenti (like, commenti, condivisioni), negative o positive che siano, non fanno altro che aumentare la ‘popolarità’ dei post e la conseguente maggiore diffusione.

Come si combatte questo atteggiamento?

Innanzitutto con la conoscenza, con la formazione.

Ogni utente dovrebbe essere in grado di riconoscere una bufala. I siti e i profili incriminati devono essere segnalati in massa, fino alla chiusura.

Polibio, storico greco vissuto circa duemila anni fa, elaborò con grande anticipo lo stesso concetto. Se l’informazione nella società umana la paragoniamo ad una sostanza concentrata da diluire in un brodo di Cultura – disse - più abbondante e annacquato è tale brodo, più tenderà a perdersi il sapore, il carattere positivo della sostanza culturale”. La parola a tutti, l’attenzione a chi la merita.