A settembre del 2016 in un sobborgo di Nuova Delhi, in India, una bimba, di soli 11 mesi, viene prelevata nel cuore della notte, mentre dorme tranquillamente in una tenda tra la sua mamma ed il suo papà, portata nella boscaglia e lì violentata e stuprata per circa due ore. Verrà ritrovata miracolosamente viva e salvata grazie all'intervento dei medici, ma quali saranno le ferite a livello emotivo e psicologico e quanto profonde, solo il tempo potrà dirlo. Solo qualche settimana dopo, in America, nella Virginia Occidentale, un'altra bambina, di soli 10 mesi ha avuto la stessa sorte, ma non è stata altrettanto fortunata.

E' stata ritrovata in mezzo ad una significativa quantità di sangue, come ha dichiarato la polizia, senza vita. E come ciliegina sulla torta, ieri 21 febbraio 2017, il procedimento giudiziario nei confronti di un uomo condannato in primo grado a dodici anni di carcere per aver violentato una bimba di 7 anni, all'epoca dei fatti, dopo 20 anni è caduto in prescrizione ovviamente.

Quando un essere non può più definirsi umano

Secondo il vocabolario Treccani, una definizione di umano è Che ha i sentimenti proprî dell’uomo o che dovrebbero essere proprî dell’uomo (in confronto alle bestie feroci); equo, affabile, pieno di comprensione, aperto a sentimenti di pietà;che mostra tali sentimenti; gentile, cortese.

Che è conforme a sentimenti di equità e rispetto.

Ora, obiettivamente, come si può infliggere tanta sofferenza e dolore a degli esseri umani così piccoli e indifesi, i quali si stanno ora affacciando alla vita e che ripongono la loro fiducia incondizionata nei pochi adulti che conoscono. E come possono questi stessi "adulti" rientrare nella sopracitata definizione di ciò che è umano.

Solo per un falso senso di pudore, non certo nei confronti della comunità umana, ma nei confronti della comunità animale, non vengono definite bestie o anche, con un'accezione più negativa belve, in quanto queste ultime nella stragrande maggioranza dei casi hanno cura, anzi potremmo dire tenera cura, della propria prole.

Inoltre l'essere umano si distingue dagli animali perché ha coscienza di sè, come dimostra il famoso test dello specchio, e questa coscienza è anche, in funzione introspettiva, un potente freno inibitore.

Ma dov'è la coscienza di questi esseri si potrebbe chiedere, la loro capacità di analisi del proprio io. Non esiste, semplicemente.

Un modello sbagliato

Non vogliamo contestare le ricerche fatte nel corso dei decenni da decine di psicologi, psichiatri, criminologi ed altri ancora, né tantomeno i risultati di tali ricerche. Però consentiteci di dissentire e di dissentire fortemente da questo orientamento. Anche il Papa ha definito la pedofilia una malattia. Ma sinceramente questo modo di affrontare la questione ci sembra più un alibi dietro a cui nascondere la debolezza e la crisi profonda in cui si trova la nostra società e che cerca di allontanare da sé la responsabilità per la perversione dimostrata da alcuni suoi membri.

Tanto è vero che poi lo stesso Papa ha dichiarato che questi crimini verranno perseguiti con severità oltre a chiedere ufficialmente perdono e definendo gli abusi sessuali "mostruosità assoluta, un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna", mettendolo nero su bianco nella prefazione del libro dello svizzero Daniel Pittet pubblicata da Repubblica.

Una società del genere, per generare degli anticorpi contro questo atteggiamento deve assolutamente fare una profonda riflessione sui suoi modelli e sui suoi valori, poiché è vero che la responsabilità è personale, ma questi soggetti per coltivare una tale perversione da qualche parte devono aver assimilato dei modelli sbagliati.