Il recente provvedimento del neo Presidente americano Donald Trump nega l'accesso agli Stati Uniti ai cittadini provenienti da 7 paesi musulmani per i prossimi 90 giorni. Trattasi di Iran, Iraq, Libia, Siria, Somalia, Sudan e Yemen. Ecco tre motivi per cui il bando è tanto illogico quanto controproducente, secondo quanto espresso da Byman Daniel, Professore presso la Georgetown University.

Propaganda jihadista, radicalizzazione interna e il gioco delle alleanze

  • Il provvedimento di Trump rinforza la propaganda degli estremisti islamici che decanta una guerra tra civiltà, combattuta in nome dei musulmani che l'occidente discrimina e disprezza. L'odio americano verso l'Islam è un punto di forza della retorica jidahista. Bush e Obama compresero l'importanza di evitare una generalizzazione del conflitto, specificando che gli Stati Uniti sono in guerra contro un manipolo di fanatici che non rappresentano affatto il popolo musulmano. Ma il messaggio di Trump è chiaro e si basa su divisione e paura, accrescendo la legittimità della retorica jidahista agli occhi del popolo islamico. Inoltre, un provvedimento di questo tipo trasmette ai cittadini una percezione fallace della minaccia terroristica, ingigantendola più del dovuto. I tragici eventi dell' 11 settembre non si sono ripetuti e gli Stati Uniti hanno conosciuto un numero relativamente basso di attacchi, di dimensioni piuttosto ridotte. Ma la retorica catastrofista di Trump spaventa le persone; il recente attacco terroristico in Canada alla moschea di Quebec city è una diretta conseguenza di questo clima di paura.
  • La maggior parte degli attacchi terroristici più recenti è stata orchestrata da individui radicalizzatisi nei paesi occidentali. Tra questi compaiono i cosiddetti lupi solitari, minaccia incombente e in rapida espansione, individui talvolta ben integrati nella società con lavoro e famiglia, affascinati d'improvviso dalla subdola ma incredibilmente accattivante propaganda estremista, ben accessibile online. Non solo il bando è inefficace nei confronti di questi soggetti, ma rischia di ampliarne pericolosamente il fenomeno, aumentandone la consapevolezza che l'America sia davvero in guerra con l'Islam.
  • Terzo e ultimo punto, le alleanze. La lotta al terrorismo è globale e la cooperazione internazionale è l'arma che ci permetterà di vincerla. Gli stessi Stati islamici schierano i propri eserciti in prima linea per arginare il terrorismo. Si pensi alle forze irachene che da mesi in Siria sono impegnate nella liberazione di molte città assediate dai membri di Daesh. Allo stesso modo la Giordania, l'Arabia Saudita e la Turchia, tutti Stati a maggioranza musulmana che hanno preso le distanze dalla politica discriminatoria americana. Mettere a rischio i rapporti internazionali è incosciente e pericoloso nell'ambito della lotta al terrorismo.

Il prossimo attacco terroristico sul suolo americano non stupirà nessuno. Il 've lo avevo detto' di Donald Trump giustificherà il ricorso a misure forti e discriminatorie, aumentando il prestigio e il supporto del neo eletto Presidente degli Stati Uniti.