Oggi è circolata per tutta la giornata la notizia che Renzi potrebbe lasciare la guida del PD. Sarebbero dimissioni di attacco in questo caso, solo per rendere assolutamente necessario un confronto vero.

Congresso subito

"Il congresso subito" è stato rilanciato su Twitter da fedelissimi sparsi. A quattro giorni dalla direzione, l'unica cosa certa sono gli avvertimenti reciproci, Renzi alle correnti, le correnti a Renzi, nulla di più. Ed è in questa incertezza che matura il giallo delle ultime ore. Il segretario si presenterà con le dimissioni in tasca alla direzione di lunedì?

In molti pensano di sì, la mossa potrebbe essere giustificata dall'obiettivo di andare al congresso al più presto, addirittura prima delle Amministrative di primavera, sussurravano oggi alcuni parlamentari toscani.

Precisamente lo scenario che buona parte delle minoranze non vuole, perché va bene il congresso, (ieri lo hanno chiesto tutti, in testa Bersani), ma se troppo accelerato potrebbe impedire, è il loro punto di vista, la costruzione di un'alternativa e quindi trovare un anti-Renzi. Dopo le Amministrative che danno il PD sfavorito, il segretario potrebbe essere ulteriormente indebolito: è sottinteso ed è ciò che Renzi vuole evitare. Per ora l'unico delle minoranze che applaude al congresso anche anticipato è Cuperlo. "La verità è che l'unica cosa che vogliono è arrivare al 2018 logorando il segretario", commentano i renziani.

E in effetti ieri questa tendenza è emersa in modo netto, lo hanno detto non solo Bersani e Speranza, ma anche 40 Senatori firmatari del documento pro-Governo Gentiloni, un terzo del gruppo parlamentare trasversali tra le correnti.

Situazione incerta nel PD

La situazione è talmente incerta che Renzi viene dato come indeciso, oscillante fra diverse opzioni, intento a misurare i rapporti di forza e a vedere se è praticabile la strada di un accordo con Franceschini, il leader della pattuglia più sostanzioso dei parlamentari sulla legge elettorale.

Perché ovviamente a complicare tutta la partita interna c'è l'incognita del sistema di voto con l'attesa delle sospirate motivazioni della sentenza della Consulta, che ha bocciato in parte l'Italicum.

Le strade sono diverse: Orfini e Orlando, insistono sul premio alla lista, Bersani chiede di togliere i "capi-lista bloccati", i franceschiniani, guardando a Forza Italia, puntano al "premio alla coalizione".

Per tutti tranne Renzi, la legge elettorale da rendere omogenea è l'altro strumento per ritardare le elezioni. Prende forma così l'altra ipotesi sull'atteggiamento di Renzi in direzione, la convocazione di un'assemblea nazionale, provando a forzare sulla data del voto e lasciando il congresso a scadenza naturale, entro dicembre. Questioni di rapporti di forza ancora una volta e forse per questo il segretario ha voluto allargare la platea della direzione, ai segretari regionale e provinciali. Non votano, ma magari applaudono nel malumore diffuso, perché nella guerra fratricida c'è anche chi osserva che non si può avere come obiettivo contemporaneamente, il non voto e il non Governo.