Nei giorni scorsi abbiamo assistito alle vivacissime proteste dei tassisti, che hanno scioperato e manifestato, creando disagi in città come Roma e Milano ed in alcuni casi persino scontri con le forze dell'ordine, per opporsi al decreto milleproroghe, accusato di favorire Uber, la famosa app americana che trasforma i cittadini in qualcosa di molto simile ai tassisti. Una applicazione che si sta diffondendo in tutto l'occidente, e che rischia di sottrarre mercati ai Taxi.

Le ragioni dei tassisti

I tassisti da sempre si oppongono ad ogni forma di liberalizzazione del loro mercato.

Già prima dell'avvento di Uber ricordiamo le fragorose proteste contro il decreto Bersani. Molti di loro per poter lavorare hanno comprato le licenze pagandole a caro prezzo: decine, talvolta centinaia di migliaia di euro, in alcuni casi anche contraendo un mutuo per fare fronte all'investimento. La liberalizzazione del mercato farebbe perdere il valore alla licenza, inoltre si creerebbe una concorrenza che farebbe diminuire i guadagni della categoria.

Liberalizzare è giusto, ma con criterio

Il problema della perdita del valore delle licenze lo conoscono bene molte categorie di commercianti, i cui settori sono già stati liberalizzati in passato. Se da una parte è necessario ascoltare le ragioni dei tassisti, cercando soluzioni per quanto possibile che tengano in considerazione le loro esigenze, liberalizzare questo e altri mercati "protetti" - dalle farmacie ai notai - è qualcosa di giusto.

Perché chiunque può aprire un negozio di alimentari, oppure diventare idraulico, ma non è possibile invece diventare tassisti, o aprire una farmacia? Il tassista dovrebbe essere un lavoro come gli altri, accessibile a chiunque, nel rispetto dei requisiti e delle disposizioni di legge. Invece non è così, e la percezione è quella che si tratti di una piccola "casta", che grazie al protezionismo si garantisce affari d'oro.

Certamente tutte le categorie sarebbero felici di lavorare in un regime di concorrenza limitata dalla legge. Ma non è così per gli altri e non si capisce perché dovrebbe esserlo per i tassisti.

La questione Uber

I punti di forza di Uber sono le tariffe più basse rispetto ai taxi tradizionali, e la trasparenza sul tragitto e sulle tariffe garantita dalla App, che trattiene il 20% del pagamento corrisposto al conducente.

Favorendo questa app il rischio è quello di far controllare un settore strategico, o buona parte di esso, ad una multinazionale, mentre potrebbero essere le amministrazioni o persino il Ministero dei Trasporti a dotarsi di un'applicazione simile, in modo da avere pieno controllo del settore e ridurre ulteriormente i costi, eliminando la commissione versata all'azienda privata. Le liberalizzazioni devono creare posti di lavoro, cessare situazioni di privilegio che non hanno ragione di esserci, dare impulso alla concorrenza a beneficio della collettività. Senza però consegnare un settore importante nelle mani delle multinazionali.

Dopo giorni di scioperi e contestazioni la tensione tra il governo ed i tassisti sembra al momento rientrata, mentre i dirigenti di Uber Italia hanno di che gioire: la visibilità conferita alla app dalle proteste, e gli scioperi dei tassisti hanno scatenato un vero e proprio boom di iscrizioni.