Si può senz'altro afferma che Matteo Renzi si ritrovi di fronte ad una svolta decisiva della sua carriera politica. Prima la scissione che ha determinato l'abbandono degli ex-Ds, adesso un congresso che presenta una corsa alla segreteria con esiti tutt'altro che certi.

In mezzo, un'inchiesta giudiziaria in cui il nome Renzi è tirato pesantemente in ballo, con il coinvolgimento del padre Tiziano. Inutile sottolineare come gli sviluppi della suddetta vicenda giudiziaria possono avere conseguenze pesanti sul quadro politico nazionale.

In questa sorta di via crucis, Renzi si gioca certamente il destino della sua rampante carriera politica.

Da vero e proprio dominus della scena politica, attraverso il doppio ruolo di primo ministro e segretario del principale partito di governo, arriva debolissimo alla campagna elettorale – che può considerarsi già iniziata - per le prossime Elezioni. La pesante sconfitta al referendum di dicembre gli è costata la perdita di palazzo Chigi, mentre le lacerazioni interne al Pd hanno portato alle sue dimissioni dalla segreteria.

La rapida discesa di Renzi

Non è questa la sede per approfondire quello che sta ruotando attorno all'affaire Consip, d'altronde sono diverse le testate giornalistiche che se ne stanno ampiamente occupando.

Stupisce, e non poco, la velocità con cui l'ex sindaco fiorentino abbia compromesso ampiamente l'ampia base di consenso che possedeva al momento della sua discesa in campo.

In poco tempo, grazie anche all'agilità di parola e alla retorica rottamatrice, tanto in voga a quei tempi, Renzi aveva conquistato la ribalta politica e mediatica. Alcuni, addirittura, sostenevano che ci si trovasse davanti al ventennio renziano, successivo a quello berlusconiano, in un'Italia dove il metro temporale dei vent'anni sembra avere una certa cadenza.

Invece, anche a causa di quella spavalderia e spregiudicatezza che avevano contraddistinto la sua ascesa, Renzi ha forse prematuramente messo fine al suo ruolo di top player della scena politica. Anche se è attualmente in corso il tentativo di riacquisire consensi (si pensi alla plateale “fuga” in America subito dopo la Direzione nazionale del Pd), il suo ritorno a palazzo Chigi sembra essere quanto mai incerto.

Così come d'altronde risulta incerta anche la riconquista della segreteria del suo partito. Da un lato, infatti, c’è l’inarrestabile avanzata dei cinque stelle, oramai avallata da quasi tutti i sondaggi; dall’altro lato invece si ha una corsa alla segreteria caratterizzata da un aumento di consensi su Orlando, figura attorno a cui orbitano i diversi esponenti dem che, seppur delusi da Renzi, hanno deciso di non abbandonare il Pd. L’attuale Guardasigilli, infatti, sembra mostrare quelle doti di ricomposizione fra le diverse anime del partito, da contrapporre alla logica di frattura tanto cara a Renzi ed al suo “giglio magico”.

Diversi i flop dell'ex primo ministro

In qualunque modo Renzi verrà fuori da questa situazione, sta di certo che l’ex sindaco di Firenze ha abbondantemente diminuito il patrimonio di consensi intorno alla sua persona.

È definitivamente tramontata l’idea renziana della politica, ponendo fine ad uno degli abbagli politici forse più grandi della storia recente.

Alla retorica nuovista che ha accompagnato la sua entrata nelle alte sfere della politica nazionale, Renzi ha contrapposto pratiche vecchie, con la collocazione di suoi collaboratori nei posti chiave. Le ricette economiche proposte nei tre anni di governo non sono riuscite a tamponare l’emorragia della disoccupazione nel paese, che nella sua versione giovanile rappresenta un vero e proprio dramma nazionale. I numerosi “provvedimenti mancia”, primo fra tutti quello sui famigerati 80 euro, non hanno avuto nessun effetto sistemico nel sistema economico nazionale, quando quello di cui ha maggiormente bisogno il paese sono riforme strutturali.

Insomma, Renzi sembra aver fallito la sua “mission”, determinando l'insorgere di seri dubbi circa la possibile risalita della china.