Il folle pestaggio che ha condotto alla morte il giovane Emanuele Morganti ha suscitato comprensibilmente grande commozione e indignazione, rinfocolata anche dal fatto che uno dei fermati in relazione all'omicidio, mario castagnacci, fosse stato arrestato per droga e rilasciato dopo poche ore senza misure restrittive il giorno prima dell'omicidio. I media hanno dato grande enfasi a questa vicenda, cavalcando in modo talvolta discutibile la rabbia popolare, alimentando l'idea che il giudice abbia sbagliato, e che se l'arrestato fosse rimasto in carcere forse si sarebbe potuta evitare la tragedia.

Ma vediamo come stanno le cose da un punto di vista più razionale.

Il sensazionalismo sfrenato di alcuni media

"Era stato arrestato con seicento dosi di hashish e trecento di cocaina", hanno scritto numerosi giornali. Che anziché quantificare in grammi le quantità di droga sequestrate - come avviene solitamente - hanno divulgato la quantità in non meglio specificate "dosi", dando l'impressione che l'individuo detenesse un vero e proprio arsenale. Ma andando a leggere Il Messaggero o i pochi altri giornali che hanno riportato in modo dettagliato i quantitativi di droga sequestrati si scopre che le "trecento dosi di cocaina" corrispondono a 7,5 grammi, e questi non erano tutti del presunto omicida, ma erano suddivise in quattro distinte dosi, una per ciascun componente del gruppo di quattro persone - tra cui Castagnacci - a cui è stata sequestrata la sostanza.

Le 600 dosi di hashish corrispondono a 43 grammi, anche questi suddivisi in 4 dosi, una per ciascun componente del gruppo. Una decina di grammi a testa, per un valore di mercato inferiore ai 100 euro. Infine la marijuana: 6 grammi sempre da dividere tra Castagnacci ed i suoi tre compari.

Il giudice ha riconosciuto la tesi dell'uso di gruppo

Il giudice ha scarcerato il ragazzo poiché ha ritenuto che le sostanze non fossero destinate allo spaccio, ma all'uso personale del gruppo di quattro amici tra cui l'omicida. E suddividendo in quattro il quantitativo sequestrato si ottengono quantità che salvo ci siano prove di un'attività di spaccio che evidentemente non erano presenti nel caso in questione, fanno presumere ad un uso personale.

Il giudice pertanto sembra aver agito come di consueto in casi come questo. Di sicuro il magistrato non poteva prevedere che la sera seguente un membro del gruppo si rendesse protagonista di un efferato delitto. In ogni caso è stata aperta una indagine per stabilire se il giudice ha agito in modo corretto: staremo a vedere.

Se fosse stato in carcere Emanuele sarebbe ancora vivo?

Difficile stabilire se l'eventuale detenzione di Castagnacci avrebbe salvato la vita di Emanuele. La rissa all'interno del locale ci sarebbe stata probabilmente lo stesso, visto che il presunto killer è entrato in azione solo in un secondo momento, all'esterno. Se l'epilogo sarebbe stato diverso è impossibile stabilirlo.

Ma il problema che dovremmo porci è probabilmente un altro. Entrambi i fermati, Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, pare che fossero ben noti in paese per essere dei tipi violenti. Una testimone ha riferito di aver visto Palmisani imbracciare lo strumento tubolare per svitare i bulloni delle ruote anche in occasione di precedenti litigi. Personaggi che secondo varie testimonianze incutevano timore ad Alatri, e che secondo il giudice che ne ha disposto la custodia cautelare avrebbero voluto, con il linciaggio di Emanuele, dimostrare il proprio controllo del territorio. I due vengono descritti come individui che alzano le mani facilmente per imporsi, ma come spesso accade fino a quando non accade una tragedia nessuno interviene per fermarli.