Si entra in sala per vedere "Elle" per varie ragioni: la presenza della splendida interprete transalpina Isabelle Huppert, quella del regista Paul Verhoeven - mai banale - ; il dato che il noir è stato tratto da uno dei tuoi scrittori preferiti: quel Philippe Djian, pubblicato da Voland, che è una sorta di Erri De Luca d'Oltralpe. Michèle Leblanc è un'imprenditrice-cannibale del mondo dei Games: vive da sola con un gatto nero in una strada residenziale di Nantes. Un uomo mascherato la stupra ma la donna resiste e solo dopo un po' racconta al suo ex marito Richard (Charles Berling), alla sua amica Anna (Anne Consigny), ed al marito di lei con cui ha un rapporto fisico di essere stata violentata.

Michèle è una donna che nasconde un passato torbido - il padre, cattolica integralista, è un mostro stragista ed è in galera - e che soffre ancora di un odio incontrollato verso i genitori. In più c'è il figlio Vincent (Jonas Bloquet) che ha una relazione con la compagna che aspetta un figlio non suo e che lo accetterebbe per voglia di paternità. In tutto questo bailamme, figlio dell'anima nera borghese caratteristica dei testi di Djian, Michèle appare come una resistente e fascinosa Giovanna d'Arco.

Dopo varie vicissitudini la protagonista capisce che lo stupratore è il suo vicino Patrick (Laurent Lafitte) sposato con la ultracattolica Rebecca (Virginie Efira). Dopo un aggrovigliarsi di situazioni con qualche spunto di umorismo nero che è il lascito di Verhoeven alla storia - in Djian questo tratto è assente - si giunge al redde rationem finale con un nuovo equilibrio che dà una nuova postura di vita.

Elle mostra come un trauma fortissimo possa essere sì controllato dalla vittima della tragedia, ma che riduce gli spazi di vita e di fiducia negli altri. Solo una fortezza d'animo e di ricerca di consapevolezza può salvare tra virgolette i dannati e fare sì che si ripropongano nuove situazioni di vita "non insane e perverse".

Da lodare nel film oltre l'autore, il regista e l'immensa Isabelle Huppert, la direttrice della Fotografia Stéphane Fontaine. Elle è un film che, nel buio della storia e dei comportamenti, riconcilia con un senso utile della vita: quando arriva il dolore in primavera bisogna trovare un senso per andare avanti. Michèle, come una novella Caravaggio, disegna dal nero totale sprazzi di luce abbagliante ed autentica sui visi sofferenti degli altri.