il direttore di Equitalia, Ernesto Ruffini, in audizione alla Camera ha, questa mattina, spiegato ai deputati presenti, che il 53% degli Italiani avrebbe debiti con il Fisco, variabili dai 1000€ fino ai 100mila € ed anche di più. Ma, analizzando nel dettaglio la relazione e le dichiarazioni del direttore Ruffini, nasce un certo sconforto, in quanto l'ammontare totale dei debiti è 817 miliardi di €, ma quelli effettivamente recuperabili sarebbero solo circa 52, cioè circa il 6% del totale. Tra fallimenti, norme a tutela dei contribuenti, rottamazione delle cartelle, debitori nullatenenti, prescrizione e quant'altro è evidente che qualcosa non funziona nel meccanismo di recupero degli importi dovuti all'Erario.

A difesa dei contribuenti, occorre dire che, il successo che si prevede avrà l'operazione di rottamazione delle cartelle di Equitalia, dovrebbe spingere il legislatore, probabilmente, a rivedere gli oneri caricati sulle cartelle. Infatti molto spesso sono così elevati che, se un soggetto onesto (poiché i disonesti non pagano comunque) non è riuscito a saldare il debito originale, difficilmente riuscirà a farlo con tutto il ricarico aggiunto. E questo nonostante le possibilità di rateizzazione predisposte nel corso del tempo.

Maggiori controlli incrociati e una riforma delle norme civilistiche e fiscali potrebbero aiutare

Di fatto, la lotta all'evasione fiscale, a parere di chi scrive, deve essere senza quartiere, ma deve essere mitigata da un senso di giustizia verso i contribuenti onesti.

In effetti il nostro ordinamento giuridico, sia per quanto riguarda le norme civilistiche, ad esempio, per quanto riguarda la disciplina societaria e più nello specifico il diritto fallimentare, nel corso del tempo hanno consentito comportamenti poco trasparenti e distrazione frequente di fondi, da parte del fallito, verso prestanome o parenti.

Molto spesso un imprenditore pieno di debiti, soprattutto verso l'Erario, manda in liquidazione volontaria la propria attività indebitata svuotandola di tutto l'attivo e trasferendolo ad un altro soggetto giuridico di cui, di fatto, è proprietario, ma nella cui compagine sociale, ufficialmente, non compare.

Dato che questi comportamenti sono noti alla dottrina giurisprudenziale, dove viene definita la categoria dell'"imprenditore occulto", sicuramente sono noti anche al legislatore.

E questi comportamenti sono frequentissimi sia tra i piccoli che i grandi imprenditori. Probabilmente concentrare il processo riformatore in questa direzione potrebbe, sempre a parere di chi scrive, incidere anche molto positivamente sulle somme recuperate dall'Erario, facendo così diminuire l'evasione e la pressione fiscale.