E finalmente, anche in Italia, venne fatta giustizia. O quantomeno parzialmente. Ieri è stata resa pubblica, dalla Corte Europea dei diritti umani, la 'risoluzione amichevole' raggiunta tra l'Italia e sei delle vittime del G8 di Genova. Infatti, lo Stato italiano dovrà dare loro 45 mila euro per le spese processuali e per i danni morali e materiali.

Un caso simile si è presentato lo scorso novembre ad una ragazza tedesca vittima di violenza e calunnia.

Le sei vittime risarcite sono Anna De Florio, Gabriella Cinzia Grippaudo, Marco Bistacchia, Mauro Alfarano, Alessandra Battista e Manuela Tangari.

Dall'altra parte, però, ci sono ancora 59 cittadini che aspettano una chiusura del ricorso che tutti loro hanno presentato di fronte alla Corte.

Ora, questo potrà anche essere considerato un inizio. Ma dove si trova effettivamente il problema? Nel fatto che l'Italia mantenga ancora un vuoto legislativo per quanto riguarda il 'reato di tortura'. Sembra ormai passata un'eternità da quando l'Italia ha deciso di mettersi in moto per raggiungere qualche obiettivo sul tema. In tempi record, lo scorso luglio, il ddl per l'introduzione del reato presentato in Parlamento ha subito una sospensione, sulla quale si prevedevano sin da allora tempi biblici, a causa degli schieramenti della Camera e del Senato.

Sì, perché Lega e Forza Italia sin dall'inizio si sono sempre dichiarate contro questo ddl, convincendo anche il poco stabile NCD. E per fare più chiarezza, una delle motivazioni utilizzate a tale opposizione è stata quella esposta da Angelino Alfano. Secondo l'attuale Ministro, uno dei problemi di tale ddl era la mancanza del termine "reiterate" nel primo articolo: "chiunque, con violenza o minaccia grave, cagiona reiterate lesioni o sofferenze fisiche o psichiche ad una persona [...] è punito con la reclusione da tre a dieci anni".

Insomma, secondo Alfano, la tortura doveva essere tale solo se si presentassero casi di ripetute azioni che portano a lesioni gravi. A quanto pare una volta non basta..

Così, per paura di un eterno ping pong all'interno del Parlamento, Pietro Grasso ha sospeso il 29 luglio 2016 l'esame, fino a data da destinarsi. Data sino ad oggi non pervenuta.

Ovviamente, l'Italia è sotto l'occhio della Corte già da diversi anni, ma nonostante i vari ricorsi e le multiple condanne ha sempre cercato di mantenere un profilo basso, nascondendosi un po' come gli struzzi e mettendo la testa sotto la sabbia.

Dopo ieri, però, qualcosa sembra essersi smosso. Sì, perché l'Italia, oltre a risarcire i danni alle sei vittime di Bolzaneto, ha espressamente ammesso le sue colpe e si è impegnata ad "adottare tutte le misure necessarie a garantire in futuro il rispetto di quanto stabilito dalla Convenzione europea dei diritti umani, compreso l'obbligo di condurre un'indagine efficace e l'esistenza di sanzioni penali per punire i maltrattamenti e gli atti di tortura".

Una ventata di speranza, quindi, dopo ieri sembra essere parzialmente arrivata. Ma conoscendo l'atteggiamento italiano, non si sa quanto sarà facile avere dei risultati o quanto ancora ci sarà da aspettare.