il Corriere della Sera, nell'edizione online, riporta la notizia che il colosso energetico Enel il 4 aprile ha firmato un'intesa con i sindacati maggiormente rappresentativi, per estendere ad una platea di circa 7000 dipendenti una nuova Organizzazione del lavoro, basata sulla possibilità, una volta a settimana, di lavorare da casa. I dipendenti manterranno uguale copertura assicurativa, i buoni pasto, ma non verranno calcolati loro gli straordinari.

I vantaggi messi in evidenza sono soprattutto un aumento della produttività legato ad un'organizzazione del lavoro delegata in parte al lavoratore, che rende più facile conciliare la vita privata con il lavoro stesso.

La normativa sullo smart working, o telelavoro, risale al 2015, con la legge di stabilità,ma fino ad oggi le aziende italiane sono state notevolmente restie ad applicarla, sopratutto per un vecchio retaggio ottocentesco, potremmo dire, di controllo sul personale dipendente da parte del "padrone" o dei suoi "cani da guardia". Normalmente, viene applicata, ultimamente, in maniera non proprio ortodossa, da alcune medie aziende del terziario, operanti soprattutto nel recupero crediti o nella presa appuntamenti.

La procedura invece seguita da Enel, come riportato dal Corriere, è esattamente quella richiesta dalla normativa del 2015.

Il telelavoro è in grado di conciliare le esigenze aziendali e quelle del lavoratore

Ieri, a Francoforte, il governatore della Bce, Mario Draghi, metteva in evidenza che, lentamente, ma stiamo uscendo da una crisi profonda che ha attanagliato l'Europa per quasi un decennio. E non passa giorno che, soprattutto qui da noi in Italia, ci venga ricordato da più parti che la bassa produttività e l'elevato costo del lavoro per unità di prodotto, insieme ad una tassazione esorbitante e ad un'altrettanta evasione, sono alla base dei mali della nostra economia.

Ora lo smart working o telelavoro non sarà certo la panacea di tutti questi mali atavici, ma certamente può aiutare, e anche molto, a ridurli.

Studi economici e sociologici, sopratutto di stampo anglosassone, hanno calcolato che una media azienda può arrivare a risparmiare fino a 40mila€ l'anno, per ogni lavoratore a tempo pieno, che passa al telelavoro.

Inoltre, sono possibili anche processi di integrazione fra lavoratori diversamente abili. C'è, come ovvio, una notevole riduzione o quanto meno sostituzione di costi fissi con dei costi variabili. Quindi anche un minor bisogno di strutture e di conseguenza la possibilità di espansione geografica del proprio business.

Per non parlare del livello di soddisfazione da parte del lavoratore, che viene indirettamente incentivato a lavorare di più e meglio anche solo per mantenere il vantaggio di lavorare da casa.

Questi sono solo alcuni dei vantaggi impliciti nello smart working, ma dovrebbero aver reso lampante a tutti la superiorità di questo tipo di organizzazione del lavoro, rispetto al vecchio modello fordista - taylorista, in particolare nel terziario.

Se così è, ci chiediamo quando il legislatore farà un passo ulteriore in questa direzione imponendo per legge, almeno nel settore dei servizi o meglio, in quei servizi dove può espletare meglio la sua funzione, l'adozione dello smart working come organizzazione del lavoro obbligatoria.

Attendiamo fiduciosi.