Era l'8 novembre e dopo i giorni degli ormai celebri casting, l'Inter annunciava il successore di Frank De Boer: Stefano Pioli. La scelta li per li convinse tutti, dai tifosi agli addetti ai lavori. Un tecnico italiano, di esperienza, che poteva sulla carta dare vita ad un progetto a lungo termine, ripartendo dalle macerie lasciate dal tecnico orange.

Un buon inizio, poi il crollo

L'inizio dell'avventura aveva fatto sperare, tanto è vero che dopo solo tre mesi i tifosi già dedicavano all'ex tecnico della Lazio i primi cori in quel di San Siro in occasione del match casalingo stravinto per 7-1 contro l'Atalanta, una delle poche belle giornate in un campionato da dimenticare.

Dopo quella grande vittoria, però, l'incantesimo si è rotto: solo 2 punti nelle successive sette partite. Si è arrivati all'esonero, annunciato addirittura da Marco Piccinini durante la telecronaca di Juventus-Monaco. Sono venuti a galla tutti i limiti dell'allenatore parmense, già palesatisi nelle due stagioni nelle quali era seduto sulla panchina della Lazio, e quelli di una squadra costruita senza logica.

I limiti di Pioli già emersi ai tempi della Lazio

Che Pioli non fosse un tecnico di prima fascia, come detto, lo si era capito nelle stagioni trascorse all'ombra del Colosseo. La Lazio di Pioli presentava gli stessi limiti tecnico-tattici dell'Inter di oggi: mancanza di personalità, incapacità di vincere i match con le dirette concorrenti, squadra a corrente alterna, clamorosi svarioni difensivi.

Il tutto condito da un equilibrio sottilissimo all'interno dello spogliatoio, per informazione chiedere ad Antonio Candreva, che dopo anni di devota militanza con la Lazio ed una fascia di capitano che gli spettava di diritto si vide tolto questo riconoscimento da Pioli che la affidò all'argentino Lucas Biglia, provocando di fatto una crepa tanto profonda all'interno dello spogliatoio laziale da determinare una stagione disastrosa per la squadra.

Serve un tecnico di polso per gestire il far west dello spogliatoio

Lo spogliatoio dell'Inter è da anni un far west e dopo De Boer sarebbe stato opportuno scegliere un tecnico di polso, capace di gestire tante personalità e tanti temperamenti di spicco. Così non è stato e ad oggi i nerazzurri si trovano fuori da quella che dovrebbe essere la normalità per una società del genere, vale a dire l'Europa, con una squadra da rifondare e una guida tecnica che dovrà compiere un grande lavoro.

Per queste ultime giornate la squadra è stata affidata al tecnico della primavera Vecchi, ma ormai da settimane i vertici interisti stanno sfogliando la margherita per arrivare ad un allenatore (finalmente) di prima fascia.