“Chi fa da sé fa per tre”. Così recita un vecchio detto popolare. E se fosse vera l’asserzione, allora sarebbe altrettanto vero che “chi fa per sé –sicuramente- fa più che in due”. Sarà questo filo logico ad aver spinto Nello Ruggero a contrarre matrimonio con sé medesimo? Eh sì, avete letto bene! Nello è il primo uomo italiano a sposarsi da solo. Ciò non significa che alla cerimonia fosse rimasto –letteralmente- “da solo”, no! Anzi, il giovane quarantenne campano ha rispettato la tradizione: ha organizzato sia la festa e sia il rito, ha scelto l’anello, ha riunito i cari e, proprio per non farsi mancare nulla, ha fatto immortalare l’evento dalla troupe del programma televisivo “Il Boss delle Cerimonie”.

Ergo, va bene la stravaganza di contrarre matrimonio da single, ma per il resto tutto si è svolto secondo i precetti del rito. Ironia e provocazione a parte, Nello ha spiegato le ragioni del suo gesto. La prima riguarda una delusione d’amore che l’ha segnato- e anche qui la logica sottesa sembra essere quella di “meglio soli che mal accompagnati!”. La seconda è la volontà di rassicurare i propri genitori sul fatto di poter vivere serenamente anche senza dover “mettere la testa a posto”. Così, per non deludere mamma e papà, ma preservandosi al contempo dall’ennesima delusione amorosa, il neo sposino ha deciso di “salvare capra e cavoli”. “Mah come!- direte voi- L’amore non era quello fatto da due cuori e una capanna?” Cari lettori, Nello ha spiegato così il proprio concetto di amore.

Egli considera amare come sinonimo di voler bene al prossimo e propone, per questo, una visione a “più capanne”, diciamo “a villaggio”, facendosi portatore di un messaggio di solidarietà, che si sostanzia nell’aiutare i più deboli, i più poveri. Il suo sguardo si estende oltre il Mediterraneo, arrivando fino in Africa e promuovendo, non solo a parole, il volontariato.

Amore, matrimonio fai da te, e volontariato: come stanno insieme?

A questo punto, tutto si fa più confuso! Il quadro da naif diventa surreale e ci si domanda se tutti i luoghi comuni sull’amore siano decaduti. Non vale più l’invocazione “parlami d’amore, parlami di te”? E l’immagine degli innamorati che, come colombi, si chiamano vicendevolmente “trottolino amoroso” dov’è finita?

Forse per Nello il “ come saprei amarti io, nessuno saprebbe mai” è ancora valido, ma assume referenti diversi. Non c’è da spaventarsi: le vecchie certezze sono salve. D’altronde, come afferma la saggezza popolare, “il mondo è bello perché vario”. La scelta di quest’uomo, condivisibile o meno, spinge comunque alla riflessione. In una società dell’immagine, dove l’essere cede il passo all’apparire, e dove la libertà ci spinge a mal sopportare l’alterità, accettandola solo nello spazio del virtuale, perché dovrebbe essere stravagante stare da soli? Non dovrebbe essere il contrario? Che importa essere tradizionalisti o postmodernisti? Che differenza fa condividere il light-motive del “quant’è bello far l’amore da Trieste in giù” o “del portami all’altare […] dimmi solo sì […] dimmi sono qui”?

L’unico elemento che rimane valido, al di là di piani valoriali differenti, è “l’asserzione Magnifica”, che recita: “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuole esser lieto, sia, di doman non c’è certezza”.