Il Ministro del Tesoro e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, si dice contrario ad un ritorno dell'Imu, l'imposta sulla prima casa, recentemente abolita, e che la Commissione europea chiede a gran voce che sia ripristinata. La motivazione principale addotta dalla Commissione, come ricordavamo ieri in un altro articolo, è la necessità di spostare la tassazione dalle persone ai consumi. Ma, come ha reso evidente il ministro Padoan nel suo ragionamento, l'imposta sulla prima casa è a tutti gli effetti un'imposta patrimoniale. Infatti andrebbe a colpire il valore dell'immobile, indipendentemente dal reddito dichiarato del legittimo proprietario.

La tassa patrimoniale è regressiva

E la cosa peggiore è che una tassa patrimoniale è, di per sé, regressiva. Infatti, incide in misura maggiore su coloro che hanno di meno. Questo perché, per tali soggetti, l'immobile è forse l'unica fonte di reddito. E questo lo sanno bene tutti i governi, di qualunque colore politico siano. Infatti, anche quando l'Imu era in vigore le aliquote erano volutamente tenute basse, per evitare vere e proprie rivolte sociali in un paese che, come l'Italia, ha una percentuale elevatissima di proprietari di case rispetto alla popolazione residente.

Come dare un colpo al cerchio e uno alla botte

La Commissione europea ha ragione quando dice che è urgente riequilibrare il prelievo tra le diverse classi sociali, poiché attualmente la sperequazione è arrivata a livelli spropositati.

Allora come si posso coniugare le due opposte esigenze del nostro governo e della Commissione europea? Una soluzione, indicata oggi sull'Huffington Post, potrebbe essere quella di reintrodurre una tassa sugli immobili, ma aggiungendo una sorta di franchigia, diciamo tra i 600 e gli 800 euro. In pratica, pagherebbe la tassa sugli immobili solo chi superasse questa soglia stabilita.

E pagherebbe solamente la differenza tra l'imposta calcolata e la franchigia.

Compromesso tra richieste della UE e necessità elettorali

Questa soluzione potrebbe rappresentare il giusto mezzo tra le richieste pressanti che arrivano dalla Commissione europea e le necessità, anche elettorali, del governo e del suo azionista di maggioranza, il Partito Democratico.

D'altra parte, se non si percorre questa strada, l'unica altra via percorribile, sembra, sia un aumento delle attuali aliquote Iva, anche se in misura più blanda rispetto a quanto previsto inizialmente. Probabilmente l'aliquota ordinaria, oggi al 22%, dovrebbe aumentare di un punto o un punto e mezzo in percentuale.