La Liguria è una regione particolare dell'Italia: lo è perché si stringe e si assottiglia tra i monti e il mare. E lo è soprattutto perché per sua conformazione geologica può contare su una superficie molto esigua di terra. Che poi il tempo cronologico, quello meteorologico e il mare - quando non intervengono frane e alluvioni - contribuiscono a strappare via, giorno dopo giorno. Questo lembo di Terra è anche mèta turistica per eccellenza. Le Cinque Terre, in particolare, raccolgono ogni anno migliaia di turisti da tutto il mondo: il 2016 sembra che ci fossero più turisti che abitanti e non solo in estate.

Parlare di turismo come di un problema può sembrare da pazzi, ma non lo è, soprattutto se è il consumismo sfrenato che sta dietro questa risorsa a causare danni irreversibili al territorio stesso.

Frana a Riomaggiore, 19 giugno 2016

Il 19 giugno 2016 è una data troppo recente per essere dimenticata: quel giorno che precedeva di poco l'estate una frana tagliò in due le Cinque Terre, bloccando la strada provinciale tra Riomaggiore e Manarola. Quello che seguì fu un assaggio di inferno: perdita di collegamenti, fango, disagi e a poco servì che si mobilitassero i volontari dei Comuni colpiti e le rispettive Protezioni civili. I collegamenti con La Spezia furono cancellati per Corniglia, Vernazze e Monterosso, ma non è stato questo il problema più grosso.

Recidività di problemi idrogeologici in Liguria

Frane, smottamenti e alluvioni non possono continuare ad essere legati a fattori "naturali". È necessario capire le ragioni di un fenomeno che, a scadenze regolari, si ripropone, sempre uguale, sempre peggiore nei suoi effetti devastanti. I precedenti al giugno scorso sono noti a tutti:

  • ottobre 2010: 4 torrenti straripano e Sestri Ponente va in tilt
  • un anno dopo: un alluvione provoca l'evacuazione di 1000 civili, mentre le strade di Monterosso e Vernazze si coprono di fango e detriti
  • settembre 2012: una frana colpisce la via dell'Amore tra Riomaggiore e Manarola.

Responsabilità umane secondo i geologi

È semplicistico e comodo il fatto di attribuire alla "natura" questi fenomeni devastanti.

È quanto affermano anche i geologi, secondo i quali "a uccidere la Liguria è, piuttosto, l'incuria dell'uomo". Nel rapporto "Ecosistema a rischio" della Protezione Civile e di Legambiente troviamo scritto il verdetto: "il 98% dei Comuni di La Spezia è a rischio idrogeologico". Ma quali sono i problemi veri, allora? È presto detto.

Il primo, concerne la manutenzione dei terrazzamenti, la caratteristica principale della coltivazione ligure. Per secoli, dicono gli esperti, gli abitanti hanno coltivato le terre situate in pendenza. I muretti a secco, si calcola, "si estendono per oltre 5700 km".

La mancanza di manutenzione

Ma perché siano efficienti anche in caso di frane hanno bisogno di manutenzione e cure: cosa che di fatto non c'è più da molto tempo. Il secondo limite è dato dall'abbandono della terra, con i conseguenti campi incolti e la crescita di nuovi boschi, fatti questi da legare ai danni maggiori in casi di frane e alluvioni. Non solo. L'intervento dell'uomo è la causa principale dei fenomeni naturali devastanti sopra riportati.

Questo, in relazione alla costruzione dissennata di dighe e ponti, agli abusi edilizi in genere e agli stessi casi di frane non messe in sicurezza.

Possibili soluzioni per la tutela del territorio ligure

Sono in molti ad aver studiato il problema ligure e ad aver cercato soluzioni. Il prof. Mauro Agnoletto (Università di Firenze, Pianificazione del Territorio e di storia Ambientale) propone 2 strade:

  • fermare la cementificazione incontrollata
  • riprendere a coltivare le terrazze

I dati relativi ai dissesti idrogeologici degli anni precedenti hanno infatti evidenziato che su 88 frane, il 47,7% è avvenuto in zone in cui la coltivazione è stata abbandonata e il 44,3% in aree boschive. Secondo questi risultati, sono 110mila gli ettari abbandonati dall'agricoltura, 75mila gli ettari di crescita spontanea di boschi e 8206 gli ettari interessati dalla nuova urbanizzazione.