Metti una sera di giugno, la tua squadra del cuore gioca l’ennesima finale di Champions League, e siccome di andare a Cardiff non te lo puoi permettere, decidi di recarti a torino per seguirla dai maxischermi di Piazza San Carlo, per vivere una serata di spensieratezza e, se possibile, di festa. Programmi tutto nei minimi particolari, treno, albergo, con l’entusiasmo di una bambina, perché le passioni fanno questo effetto, sono come motori che ti fanno viaggiare alla velocità della luce cancellando tutto il resto, tutto il mondo intorno. Anche Erika aveva programmato questo viaggio per sostenere il suo ragazzo, per trascorrere accanto a lui un momento speciale, lui che aveva due amori: Erika e la Juventus, e competere con la Vecchia Signora dalle strisce bianconere spesso non è semplice.

E allora dritti da Domodossola a Torino, Piazza San Carlo li aspettava, insieme a un popolo di sciarpe e bandiere sventolanti.

Cronaca di una serata di "festa"

Un salto in albergo e poi veloci a respirare quella magia, maglietta bianconera addosso e sciarpa al collo, Madama non può aspettare. Arrivati a Piazza Castello una folla trepidante già preannuncia i segni di una serata di passione e di gioia, su via Roma le bancarelle piene di gadget e t-shirt fanno capolino - "Dai, compriamo l’ultimo regalo" - lo mettiamo in borsa e poi camminiamo spediti verso il teatro dei nostri sogni. Un veloce controllo agli ingressi della piazza: "Ha bottiglie di vetro? No, va bene, può passare". E allora su, tutti a infilarsi in mezzo alla folla, che la festa abbia inizio.

Mamma mia, quanta gente! Tutti qui per un sogno. Un po' di cori, qualche saltello e l’attesa scorre gioiosa, fino al fischio d’inizio. Ma quanto è basso lo schermo, non si vede nulla, vabbè l’importante è ascoltare, e l’urlo di disappunto al gol di Cristiano Ronaldo si sente, ma la partita è lunga, nessuno si demoralizza. Non passa molto tempo e arriva il gol di Mandzukic, è il delirio: dai ce la possiamo fare!

La paura comincia a farsi strada

Finisce il primo tempo, si comincia a stare troppo stretti, e poi gli ambulanti che passano con le bottiglie di vetro. Ma non c’era il divieto? Per terra è pieno di cocci, tutti hanno paura di farsi male, forse sarà meglio spostarsi un po'. Comincia il secondo tempo, lo schermo continua a vedersi poco, pazienza, rivedremo la partita a casa.

La Juventus comincia a spegnersi, a perdere mordente ed ecco che arriva il secondo gol del Real, vabbè dai pareggiamo, che problema c’è? E invece poco dopo arriva anche il terzo, le speranze di farcela cominciano a venir meno.

Dalla festa alla tragedia

All’improvviso, mentre ormai nessuno guarda più la partita, ecco un boato e tutti si ritrovano a terra, non si capisce esattamente cosa sia successo, ma è il panico generale, la gente corre e cammina l'una addosso all'altra. Anche Erika è a terra, nessuno la vede, prova a rialzarsi, non ha più le scarpe, cerca una via d’uscita, sbatte forte contro qualcosa, ha un dolore forte al petto, e mentre il suo cuore si ferma, altre persone continuano a scappare, in un tappeto di sangue e vetro, tra scarpe e borse sparse per terra.

Ma non doveva essere una festa? La Juve perde la finale, Erika inizia la sua, durata 12 giorni in un letto d’ospedale, Erika ieri sera ha perso e con lei tutti noi, ma stavolta non c’è la partita di ritorno, né supplementari che tengano, c’è solo tanto, troppo dolore e tante domande senza risposta. Erika potevo essere io, potevamo essere tutti noi!