C'era una volta la piazza piena, Beppe Grillo su un palco che, rosso in faccia, sbraitava e inveiva contro i politici corrotti. La folla entusiasta rispondeva al coro di "Onestà, onestà!". Alle spalle del Vate Grillo, una platea di emeriti sconosciuti applaudiva sorridente, (più o meno) pronta a passare dalle assi del palco agli scranni di Montecitorio.

La corsa a occupare posti in Parlamento

Questo clima, che per certi aspetti ricordava quello di Tangentopoli, con gli italiani pronti a spazzar via ogni ombra di corruzione dalle proprie istituzioni, continuò per un certo periodo.

Un brutto giorno però - perché, come in tutte le favole, ad un certo punto deve arrivare il fatidico brutto giorno - arrivò il momento di votare. E gli italiani, ancora galvanizzati dalle grida della piazza, decisero di votare in massa il non partito dotato di non statuto. Gli eletti pentastellati, ancorché terrorizzati all'idea di doversi davvero rapportare con la Politica, non si fecero intimidire e corsero (letteralmente corsero!) ad occupare i loro posti in Parlamento prima e nei municipi poi... dopotutto loro erano quelli onesti!

Le parole di Pasolini

Negli anni Settanta Pier Paolo Pasolini scriveva che era di gran lunga meglio un politico capace ma ladro, piuttosto che uno onesto ma incapace.

Ora, non c'è dubbio che i politici nostrani hanno pensato di prendere alla lettera il pensiero pasoliniano fino a diventare politici tanto ladri quanto incapaci, ma tant'è che il popolo italiano, dimenticandosi del consiglio del poeta di Casarsa, decise di convolare a giuste nozze con i gaudenti sconosciuti.

La battuta d'arresto alle amministrative

Purtroppo, però, la crisi dalla famiglia si sente anche in politica e così, dopo la luna di miele, iniziano i primi mal di testa, i primi silenzi e i primi piatti fuori dalla finestra. A poco bastano i riferimenti incrociati (alla faccia dell'inciucio!) a Berlinguer, ad Almirante e alla DC: alle amministrative di qualche settimana fa gli italiani, solitamente pronti ad abboccare come pesci alle urla dei loro Sampei politici, questa volta hanno deciso di fermarsi prima, il più delle volte attraverso l'astensione o il sostegno a liste civiche locali.

Per questo motivo, per onestà intellettuale, bisogna dire che anche i partiti tradizionali hanno poco da festeggiare: funzionano solo quando appoggiano persone note e credibili sul territorio, a dire che il partito in sé, ormai, non è più credibile, per questo serve un volto che lo sia al posto suo.

Di Maio lascia libertà di coscienza

Giunti alla vigilia dei ballottaggi, arriva la frase a effetto di Luigi di Maio: gli elettori pentastellati, costretti a partecipare da spettatori alla tornata elettorale, saranno liberi di esprimere il loro voto secondo coscienza. Che magnanimità quest'uomo! Il dubbio però, alla luce della favola narrata - che si spera per il bene del pluralismo non stia già giungendo alla morale conclusiva - è che dietro a cotanta magnanimità ci stia più una tecnica attendista per vedere da quale parte pende il piatto della bilancia, in modo da seguirlo in forze.

La necessità di operare una scelta

La verità invece è che se i 5 Stelle non vogliono essere solo una meteora tra le costellazioni politiche del nostro pasticciato Paese, devono decidere da che parte stare e costruire un percorso politico coerente e segnato da un'onestà che sia anche intellettuale. Differentemente, il rischio è che dopo i riferimenti ad Almirante, Berlinguer e compagnia cantante si risalga la storia della penisola fino ad arrivare agli antichi romani con Quinto Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore.