La differenza tra noi, società civile, e la mafia, sta tutta qui. Noi rispettiamo e siamo costretti a rispettare sempre, la vita e la morte di chiunque, mentre l'organizzazione criminale no, non tiene conto né dell'una, né dell'altra. Non guarda in faccia a niente e a nessuno, ma la mafia è una cosa e noi ne siamo un'altra: noi siamo una nazione civile e dobbiamo correre il rischio di applicare la legge nei confronti di chiunque, anche di colui che ancora oggi è il Capo dei Capi.

Le condanne e la trattativa Stato-Mafia

Tra le varie condanne ricevute da Totò Riina per omicidio e associazione mafiosa ricordiamo:

  • Omicidio comandante Emanuele Basile
  • Omicidio tenente colonnello Giuseppe Russo
  • Strage di Capaci in cui persero la vita il magistrato Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo

Questa è solo una parte della scia di sangue lasciata dallo spietato boss della malavita siciliana.

Durante tutto questo periodo però, ciò che ci può condurre ad un collegamento riguardo a quanto apprendiamo dal web e dai telegiornali, è la presunta trattativa fra Stato Italiano e Cosa Nostra. Quest'ultima pare sia stata una negoziazione tra le istituzioni italiane e i rappresentanti mafiosi, per porre fine alle stragi avvenute nel 1992 e 1993.

A questa trattativa, al contempo, sarebbero legati una serie di eclatanti omicidi, tra cui ricordiamo quello dell'onorevole Salvo Lima, il quale venne ucciso alla vigilia delle elezioni politiche, anche se in questo caso il vero bersaglio pare fosse Giulio Andreotti. Cosa Nostra, infatti, avrebbe voluto rivalersi sul Presidente del Consiglio, ma era troppo protetto e, così, ripiegò sul capo corrente dello stesso in Sicilia.

Perché farlo morire in casa sarebbe un segno di debolezza, e perché no?

La Corte di Cassazione - forse andremo controcorrente, ma è così - ha fatto bene a chiedere che sia valutata l'istanza di scarcerazione avanzata dal pregiudicato stesso, poiché Riina è malato e vuole morire a casa. Non si tratta di una questione di pietà: i giudici non devono rispondere ad un desiderio della gente e dei social che vogliono che "Totò 'u curtu" marcisca in galera ma devono, purtroppo, applicare il principio fondamentale dell'ordinamento giuridico italiano, ovvero che "la legge è uguale per tutti".

E se fosse un altro ricatto nei confronti dello Stato?

Riina, inoltre, durante tutti questi anni sotto il regime del carcere duro, ha sempre sottolineato di non essersi mai pentito e di non aver intenzione di pentirsi. Ora, all'età di 86 anni, alla luce della trattativa Stato-Mafia - che forse rappresenta una delle pagine più buie dello Stato Italiano - alla luce delle dichiarazioni del fratello del giudice Paolo Borsellino che, in una recente intervista ha affermato che, quando il Capo dei Capi ha scatenato la sua furia contro i due giudici sapeva che in caso di arresto non sarebbe morto in carcere ma che, dati gli accordi con le istituzioni italiane, sarebbe deceduto nel suo letto di casa, questa "oscura profezia" potrebbe avverarsi.

Lo Stato, di conseguenza, dopo 25 anni si appresterebbe a pagare una cambiale contratta con un mafioso, probabilmente per paura che un suo eventuale pentimento possa gettare fango su mezza politica italiana, la quale può definirsi essa stessa complice, solo per aver intavolato un dialogo con un "mostro" quale Salvatore Riina. La Cassazione dovrebbe ricordarsi di avere davanti a sé un criminale che ha fatto a pezzi i servitori dello Stato, e che ha ordinato di sciogliere nell'acido un bambino.