Più volte ci siamo interessati al tema 'Sviluppo Economico' del nostro paese, nella speranza di capire qual'è la strada migliore da seguire per centrare l'obiettivo. Non abbiamo percepito valide prese di posizioni, per ottenere il tanto sperato risultato. Le poche iniziative attuate, non hanno prodotto il risveglio necessario, ma hanno solo appesantito il debito pubblico. Lasciamo la polemica da parte perché, a questo punto, ogni cittadino dev'essere interessato al problema. Parliamone, e guardiamo come modificare la strategia applicata, perché dia risultati migliori.

Non si vuole criticare nessuno, anche se 'nessuno' finora è stato in grado di dominare questo fenomeno. Per capirsi bisogna riportarsi alla cellula madre: la Famiglia.

Il buon padre di famiglia, imposta la sua politica economica, proporzionando l'andamento della vita alle reali entrate prodotte. Quando vi sono spese particolari, ad esempio per gli studi di un figlio, è costretto e contento di fare gli straordinari, per far fronte alla necessità. Poi quando sopraggiungono le altre emergenze, si taglia da dove è possibile, e si utilizzano tutte le potenzialità della famiglia stessa, per rispondere all'appello. Quando non ci si può permettere la macchina, si usa la bicicletta. Sbagliato sarebbe ricorrere al debito per risolvere il problema.

Flessibilità e investimenti

Torniamo all'argomento. Sentiamo da tempo di parlare di flessibilità, che l'Europa concede mal volentieri. Se non abbiamo capito male, si tratta della possibilità di utilizzare maggiori risorse in bilancio, per far fronte a progetti ritenuti necessari. Comunque si tratta sempre di spese a fronte di un indebitamento.

Per capire meglio, bisogna partire dal 'Fiscal Compact' che l'Italia ha sottoscritto e inserito nella Costituzione con la modifica dell'art. 81 nell'aprile 2012. Con questo vincolo c'è il rispetto del pareggio di bilancia: equilibrio tra entrate e uscite. Principio che risponde all'economia della famiglia accennata in precedenza.

I paesi europei (25) hanno approvato un accordo, consentendo un deficit strutturale dello 0,50 (non emergenze), con l'obbligo di mantenere i rapporti, al massimo al 3%, tra debito pubblico e Pil (previsto da Maastricht). I paesi che hanno un rapporto Debito/Pil superiore al 60% all'anno, devono ridurre il rapporto stesso di almeno 1/20 all'anno, Se il Pil aumenta si possono evitare i tagli.

Dal 2012, in virtù di quanto sopra, molti paesi europei hanno effettuato tagli di spese, con conseguente recessione e, in alcuni casi, con crolli delle relative economie. Non si è rivelata una misura positiva. Si aggiunga, a questo punto, che la politica fiscale dei vari paesi viaggia ciascuna per suo conto.

Quantitative easing: intervento opportuno

Dobbiamo però riconoscere, l'aiuto importante arrivato dalla BCE, col Qe, e con i bassi interessi, che in alcuni casi hanno contribuito ad abbassare il debito pubblico. Non ci sembra di esagerare se continuiamo a sostenere, che la strada da percorrere è quella degli investimenti, per far ripartire lo sviluppo, ivi compreso la riduzione delle spese per il lavoro (cuneo fiscale). Si tratta dell'unico caso in cui è doveroso ricorrere al debito, poiché è una misura, volta a crescere la ricchezza per i privati cittadini e per lo Stato. Per le tasse c'è tempo. Come dicevamo nel commento 'Il Segreto della politica: le tasse danno la felicità', agli operatori non dispiace pagare le tasse, lo fanno sugli utili.

Più tasse, più utili. Utilizziamo pertanto, le somme che riusciamo a reperire, per investimenti: è il solo modo che ci consente di risolvere il problema. Sia chiaro: è nobile battersi per una riduzione delle tasse, ma vista la nostra situazione, deve trattarsi di un obiettivo graduale e a distanza.