Generalmente le misure di contrasto alla povertà, anche se incomplete o insufficienti, incontrano il consenso generale poiché si ritiene che vengano incontro ad un esigenza meritoria. E' questo il caso del reddito di inclusione sociale, che il 29 agosto ha ottenuto il via libera definitivo dal consiglio dei ministri. Nello spirito del canale Liberi Di Scegliere, si ritiene tuttavia che una misura che impegnerà risorse per quasi due miliardi di euro, vada esaminata quantomeno sotto tre profili:

  • Che garanzie abbiamo che i sussidi verranno erogati ai soggetti più bisognosi?
  • Quali saranno le coperture del fabbisogno finanziario del nuovo provvedimento?
  • Erano possibili alternative migliori sotto il profilo dell'equità o dell'efficienza economica?

Le possibili distorsioni dell'ISEE

Con riferimento al primo punto, la discriminante si basa sull'Indicatore di Situazione Economica Equivalente o ISEE, che di fatto è il criterio più comune per regolare l'accesso allo stato sociale in Italia.

In primo luogo, si può osservare che si tratta di una misura vulnerabile alle "voci in nero" quali redditi da lavoro o canoni di affitto non dichiarati che possono distorcere significativamente la rappresentazione della concreta situazione familiare.

A prescindere dalle componenti "non ufficiali", esistono ulteriori distorsioni per quanto concerne il patrimonio immobiliare: la prima casa di proprietà non è inclusa nella valutazione dei requisiti per il Reddito di Inclusione mentre la possibilità di dedurre i canoni di affitto è limitata a un tetto e quella di considerare le uscite per rate di mutuo è esclusa. A questo va aggiunto che lungo il territorio nazionale le differenze nel costo della vita (in particolare per le abitazioni) sono significative, per cui una misura che non tiene conto in modo opportuno di questi aspetti rischia di ottenere effetti perversi.

Famiglie con reddito disponibile (calcolato in termini reali) più basso potrebbero essere discriminate nell'accesso al nuovo reddito di inclusione, semplicemente perché risiedono in aree del paese dove il costo della vita è più alto o perché non dispongono di "entrate non ufficiali".

Le coperture e le alternative

Allo stato non sono state diffuse informazioni in dettaglio sulle modalità con le quali si ritiene di coprire il fabbisogno dell'iniziativa, per cui non è possibile valutare questo punto.

Si tratta tuttavia di un profilo molto rilevante poiché qualcuno dovrà alla fine pagare il conto: per assurdo, se una parte del costo gravasse sulla fascia di popolazione in condizioni di fragilità, poco sopra la soglia di povertà, avremmo l'effetto paradossale di sollevare qualcuno da condizioni di indigenza, al costo di spingere qualcun altro in condizioni povertà.

Per quanto si possa riconoscere un merito all'intenzione di intervenire nei confronti dei soggetti più bisognosi, si tratta di una tematica complessa e il provvedimento proposto, oltre che insufficiente appare inadeguato e potenzialmente distorsivo. Quali alternative dunque? In un contesto di ristagno economico ultra decennale come quello italiano, sarebbe forse preferibile concentrarsi sul rilancio della crescita economica e sull'aumento dell'occupazione, che rimangono le strade principali per includere maggiori fasce di popolazione e per rendere disponibili maggiori rispose per i più bisognosi.